La Consulta ha stabilito che anche in Italia – come in Gb Spagna Belgio Australia Usa eccettera – una coppia sterile ha il diritto di ricorrere a un donatore per procreare, con buona pace dei (pochi) cattolici che gridano allo scandalo. Che poi il primo nato grazie al seme di un donatore del quale si abbia notizia è tal Gesù Cristo (Giuseppe aveva sessant’anni. Avete presente gli spermatozoi di un sessantenne?). A essere puntigliosi, si fece ricorso anche all’eugenetica, poiché il donatore, oltre a non essere affetto da malattie, era anche immortale e onnipotente, ma il punto qui non sono i (pochi) cattolici bigotti o i (pochissimi) politici genuflessi nel tentativo di lucrare voti (quelli alla Casini, così devoti alla famiglia tradizionale da farsene almeno un paio). Il punto – ci ricorda la Consulta – sono gli altri, e il loro – nostro – diritto di scegliere.

La sentenza ha accolto il ricorso di due donne affette da menopausa precoce, dopo 10 anni dall’approvazione della legge (si consolino: sarebbero finite in menopausa comunque). Laica Pazienza. Sono i tempi lenti della giustizia in un paese in cui la giustizia rinuncia a farla la politica per lasciarla fare ai tribunali. Ma nemmeno la politica ha tutta la responsabilità. La legge 40 si sarebbe potuta abolire per referendum nel 2005, ma solo il 25,9% degli elettori si recò alle urne. Tre aventi diritto al voto su quattro non vollero partecipare, salvo lamentarsi negli anni a venire della politica che taglia fuori i cittadini. La conquistata libertà di scelta va esercitata, o la si perde: finendo per votare in massa qualcuno (o qualcun altro, è uguale, tanto poi si mettono d’accordo) che decide di negare agli elettori il diritto di scegliere fin dalle elezioni – nonostante il parere contrario della Consulta – tanto gli elettori non sembravano tenerci troppo.