E se il futuro della Grecia fosse migliore fuori dall’euro? A esserne convinto è Oskar Lafontaine, padre nobile della Linke. Ma non di sola Grecia si tratta: l’ex socialdemocratico che ruppe con Gerhard Schröder ritiene che fuori dalla moneta unica dovrebbero finirci tutti i Paesi europei. «L’euro è già fallito, non possiamo farci nessuna illusione»: così Lafontaine in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero del settimanale der Spiegel, concessa prima del drammatico summit di Bruxelles.

Non è una novità: già nell’aprile di due anni fa (pochi mesi prima delle elezioni federali) il vulcanico co-fondatore della Linke si espresse in termini analoghi. La crisi c’era allora e continua oggi, ma il quadro politico è mutato: ora al governo di Atene c’è Alexis Tsipras, che nella moneta unica vuole restare. Ma Lafontaine non cambia idea: le ragioni della sua posizione anti-euro sono ribadite una per una. Anzi, la diagnosi critica è, se possibile, ancora più dura: «L’euro rappresenta un passo indietro nel disegno storico di integrazione europea».

Per Lafontaine, occorre tornare al Sistema monetario europeo che era in vigore prima dell’introduzione della moneta unica, in base al quale erano possibili svalutazioni e rivalutazioni delle diverse divise della Comunità, pur all’interno di parametri stabiliti che contenevano tali oscillazioni. Solo uno scenario di questo genere, secondo l’esponente della Linke, consentirebbe ad Atene di rimettere in piedi la propria economia, e al progetto di integrazione europea di non fallire: «È palese che alle attuali condizioni di una moneta rigida la Grecia non potrà avere alcun successo economico».

Le affermazioni di Lafontaine sono destinate a far discutere a sinistra: la linea ufficiale della Linke è diversa, e di questo il suo co-fondatore è perfettamente consapevole. Fu proprio la sua presa di posizione di due anni fa a impegnare il partito in una lunga e difficile discussione, che si concluse con un compromesso: euro sì, ma a condizione che l’unione monetaria sia riorganizzata completamente. Da allora il dibattito si era congelato, e c’è da scommettere che l’intervista allo Spiegel riaprirà le danze: il 72enne Lafontaine non ha più ruoli di dirigenza, ma la sua influenza nel partito non è diminuita.

A lui fanno riferimento i settori della sinistra interna – la cui figura di spicco è senza dubbio la carismatica Sahra Wagenknecht, che da ottobre sarà uno dei due capigruppo al Bundestag – che frenano sulle ipotesi di future coalizioni di governo con Spd e Verdi.
Una prospettiva, quella dell’alleanza «rosso-rosso-verde», che a dire il vero appare quasi impossibile: le distanze emerse sulla vicenda greca sono abissali. E i toni si sono accesi.

L’unico ponte possibile, il sindacato: la confederazione unitaria Dgb è a maggioranza socialdemocratica, ma sulla Grecia è più vicina alla Linke che alla Spd.