Forse mi faccio prendere da troppi scrupoli ed eccessive incertezze e mi convinco che, al dunque, non sono in grado di comprendere. Tuttavia mi accade, e il senso di inadeguatezza si ripete ogni volta, quando mi dispongo ad impiegare gli strumenti (che chiamerò analitici e di interpretazione, quali provengono a me dagli studi e dall’educazione e dalla mia esperienza di vita) per capire che ruolo assuma la dimensione politica nella consapevolezza di chi abbia oggi diciotto anni e sia, pertanto, detentore del diritto di voto, cives. Faccio ricorso alla mia cultura, tengo a mente certe letture.

Ma nella pubblicistica, nelle inchieste e nelle discussioni raramente trovo risposte che mi soddisfino. E nessuna, oso dire, tra quante siano date, nella pur corretta applicazione dei presupposti in punto di teoria e di metodiche, dalle varie e accreditate scuole sociologiche. Né, pare a me, ricevo lumi più di tanto percorrendo filoni circostanziati, specifici e calibrati nelle metodologie a seconda di questo o quel particolare fenomeno o ambito da indagare (comunicazione, moda, ceti sociali, rete, scolarità, condizione metropolitana, globalizzazione, eccetera). Per questa via, quanto ho, per lo più, avuto modo di constatare è che solo apparentemente si sciolgono i nodi della domanda (che è ripeto, quali le modalità della dimensione politica nella consapevolezza dei diciottenni italiani nell’anno 2018). Per lo più, invece, di quei nodi si riallacciano le fila ad un casellario approntato per dare ordine alle loro varie e molteplici componenti.

Un casellario che risulta deformante, perché registra il caso inedito oggetto della nostra domanda sezionandolo in dettagli che lo faccian coincidere, lo sovrappongano a casi noti e in precedenza ben studiati. Presto ti avvedi che, nella somma dei dettagli messi a fuoco, allorché li ricomponi, viene a mancare proprio quanto nell’insieme preso in esame era appunto l’oscuro e incognito tratto nuovo, il quid eccedente, dinamico e in atto sull’identità del quale ti stai interrogando. Così, sotto il profilo della dimensione politica, l’identità del cives italiano di diciotto anni pare a me sfugga tra le maglie di indagini così impostate, seppur sia stata mai, da quelle maglie, trattenuta. Indagini, intendo dire, che si attengono a parametri ricevuti che, per un verso, non sono in grado di revocare in dubbio mentre, per altro verso, si rivelano incapaci di desumere gli adeguati criteri di riferimento desumendoli dai rilievi originali emersi nel corso della ricerca.

Una distretta questa nella quale viene a trovarsi ogni ricognizione sull’Italia attuale che si proponga di risultare attendibile. Tentare allora una difficile opera di conoscenza. Che sia duttile nel far ricorso a strumentari acquisiti e muova la propria intelligenza ad approntare i mezzi capaci di cogliere le mutazioni di grande portata che sommuovono dal profondo gli equilibri costituiti della società italiana. Questa nota prende avvio con una ammissione: una debole capacità di giudizio e, di conseguenza, esitazioni dubbi, perplessità che prende molti che siamo educati alla politica. Ma tant’è. Per quello che vale, e a mo’ d’esempio, ora che ho sollevato la domanda sui cittadini diciottenni, dirò che avverto intera la mia incertezza di giudizio quando li osservo in istrada, su un mezzo pubblico, in un grande magazzino, al ristorante, al bar. Noto, certo, in ciascuno tratti che sono comuni alla maggior parte dei loro coetanei. Mi riferisco ad alcune modalità eclatanti e più evidenti alle quali tento di dare un significato, un senso se non univoco almeno valido complessivamente.

A partire dall’aspetto. Potrebbe dirsi relativamente facile un ragionamento sugli abiti. Qui puoi registrare, forse, una intenzione che sembra fortissima a vestire gli stessi capi e con i medesimi colori. Ti chiedi: è la garanzia per riconoscersi, per dichiararsi affini come indossando una ‘divisa’? O è la ricerca, nella ‘divisa’, d’una sicurezza anonima che ogni omologazione assicura? Domande legittime che si aprono a vedute diverse, non necessariamente inconciliabili. Simili, credo, se applicate ai tatuaggi sul corpo. O al taglio dei capelli. Per fermarsi alla dimensione politica nascosta nell’aspetto.