Confessiamo, senza vergogna, di essere stati da giorni e giorni in trepida attesa. Poi all’improvviso, a regalarci finalmente ore e ore di sonno perse, ecco la notizia megafonata dal nuovo Granma della rivoluzione gialloverde (meglio, giallobruna) italiana: Il Fatto Quotidiano ha annunciato ieri con grande titolo di apertura in prima pagina: «Di Battista aiuterà M5S alle Europee e poi via in Congo».

Anima di pasionario, esperto di tutto ma soprattutto di nulla, Camel Trophy del Continente latinoamericano, l’ex deputato genialmente defilato dal Movimento, si muove non più solo come «eroe dei due mondi». Abbandonato il mood garibaldino, adesso con coraggio da guida turistica si avvia sulle orme nientemeno che di Ernesto Che Guevara.

Proprio come lui, non contento del potere realizzato nella Penisola, si appresta «da lontano» a dare una mano… alle Europee. Ci si interroga con ansia: ci sarà un posto per lui come Commissario Ue? O come ministro nazionale? Certo quello più adatto per lui sarebbe il commissario del popolo al turismo. Ma si vedrà.
Intanto l’annuncio c’è: …dopo Di Battista andrà in Congo.

Lo fa come il Che Guevara che nel 1965, a rischio della vita, andò lì a contrastare il neocolonialismo che faceva scempio della rivoluzione congolese e africana? E che fallì tanto da scrivere che quello era «l’anno in cui non siamo andati da nessuna parte»?

Non proprio. Perché «nei suoi progetti – citiamo il testo de Il Fatto che lo ha ingaggiato – ci sono nuovi reportage, stavolta dall’Africa, forse anche un libro e un tour teatrale». Addirittura.

Poi ecco sulla pagina un suo cogente, prezioso messaggio a tutti noi: «…Fate sempre le cose che vi rendono felici». Ci manca solo: «Senza perdere la tenerezza». Siamo all’evocazione tragicomica del Che. Un consiglio: la faccia finita, al popolo yabbasta.

E, almeno per non lasciarci in ansia, vada davvero in Congo (ma già ieri giravano voci che invece di India si tratterebbe) e non torni in America latina dove gli zapatisti ancora lo cercano per le complesse fandonie che ha raccontato. E soprattutto – noi ci teniamo davvero – non vada in Bolivia…