«Apriamo il confronto con i militanti. Facciamo partire subito una campagna di adesioni per un mese e poi misuriamoci su progetti diversi. Sono 6 mesi che è in corso un’eutanasia passiva di Leu. Un’inerzia intollerabile».
Onorevole Fassina, se fino a oggi questo confronto non c’è stato è perché, fuori dall’ipocrisia, è chiaro che in Leu, fra Mdp e Sinistra italiana, affiorano idee e prospettive radicalmente diverse.
L’errore più grave è stato sequestrare la discussione in circuito iper-ristretto di dirigenti usciti male dal voto. Questa valutazione invece la devono fare quelli che si sono impegnati per la nostra elezione. In tanti territori sono nati comitati unitari che chiedono di andare avanti e di avere la possibilità di pronunciarsi. Poi tireremo le somme.
Non rischiereste di fare un congresso solo per dividervi?
Si apre un percorso democratico, alla fine i partecipanti decideranno a maggioranza. Chi vorrà andare avanti andrà avanti, chi no no. Ma abbiamo una responsabilità nei confronti di chi ha creduto in noi.
Sinistra italiana chiede una convergenza alle europee. Mdp deciderà oggi ma sembra contraria.
Il processo va avviato senza precondizioni. La cosa incredibile di queste interdizioni reciproche è che si fermano ad aspetti superficiali come le modalità di voto, o di come presentarsi alle europee. Da una parte chi vuole presentare Leu in splendida solitudine; dall’altra chi vuole un ristretto cartello con unico denominatore l’anti-Salvinismo e l’anti Pd. Ci sono invece questioni sostanziali da affrontare. Siamo in un passaggio storico e dobbiamo discutere di cosa proponiamo. Se fai un partito è perché hai una lettura di fase e un programma distintivo.
Fra i nodi sostanziali lei da tempo propone la rideclinazione del nesso nazionale-sovranazionale. SI, il suo partito, invece è contro il «cedimento alle sirene sovraniste». A occhio, cose diverse. E queste differenze attraversano anche Mdp.
Non ho votato il documento della direzione di Si. È orientato a consolidare un ristretto spazio identitario. Dobbiamo combattere sul terreno impervio della discontinuità per riconquistare fasce di popolo da M5s e Lega. Ma, appunto, ne dobbiamo discutere. Aggiungo: per Leu, Pd E Pap è come se il 4 marzo non ci sia stato.
Ma se fin qui Leu non è nata, non vorrà dire che nessuno ha bisogno di questo partito?
Di certo non c’è bisogno del profilo che Leu ha incarnato nel passaggio elettorale. È stata una variante del Pd e della sinistra storica degli ultimi trent’anni. È una storia chiusa, di cui non c’è più bisogno.
Dopo l’appello di Piero Grasso alcuni comitati del Nord organizzano un’assemblea a Milano, il 19 ottobre. La ’base’ travolgerà i gruppi dirigenti?
Spero che nei prossimi giorni arrivino risposte chiare di tutti i soggetti coinvolti in Leu alla lettera di Grasso. Ci sono tanti militanti che vogliono andare avanti. Diamo loro la possibilità di partecipare a una discussione e poter scegliere.
Non è che date tutte queste differenze interne, all’orizzonte c’è una divisione anche del gruppo parlamentare di Leu?

Fin qui non si è posto il problema. Sulla Nota di aggiornamento al Def abbiamo votato contro la risoluzione della maggioranza e ci siamo astenuti sullo scostamento del deficit al 2,4. Abbiamo posizioni diverse, non è un mistero, ma troveremo una sintesi.
Lo chiedo a lei perché è quello che ha l’atteggiamento più aperturista verso il governo.
Il 2,4 è coerente con la discontinuità di cui abbiamo sempre parlato. Se arrivasse «quota 100» penso che dovremmo sostenerla per coerenza con quello che diciamo. Su altri capitoli vedremo. Io per esempio sono per il «lavoro di cittadinanza», non per il reddito. Ma credo che si possa avere un rapporto dialettico con questo governo. Per esempio su Alitalia la strada dell’intervento pubblico indicata da Di Maio è corretta. E se arrivassero provvedimenti che vanno nella giusta direzione, andranno sostenuti.