Un quarantacinquenne anarchico milanese diventa padre ed è costretto a ripensare la propria vita per guardare il futuro di sua figlia. L’attesa della nascita diventa percorso nel tempo per capire come è diventato (nato?) anarchico e cosa saprà comunicare a sua figlia del passato in cui ha creduto. La cultura politica degli anni Settanta gli appare attraverso foto in bianco e nero, come per gli anarchici dell’Ottocento. Dopo un primo abbaglio per il comunismo albanese, grazie allo scoutismo animato da giovani cattolici radicali milanesi che gli parlavano di Fanon e Sandino, approda all’anarchia. Lascia trapelare il suo amore per la donna con cui tiene famiglia, non rinunciando a nutrire dubbi sull’autoritarismo di questa istituzione criticata da chi, la liquidava insieme a stato, preti, Dio, ospedali e caserme. Rimane irriverente nei confronti dei genitori con cui però si è riconciliato: ce lo lasciano capire i piccoli traumi familiari smorzati dal senno del poi, ma soprattutto dal sorriso.

UNA TRAMA AVVINCENTE segna questo libro Dino Taddei (Baby-block, Zero in Condotta, pp. 86, euro 10). Una trama anche esilarante, che sa ridere del passato, pur provandone nostalgia. In una Milano a tratti surreale, l’autobiografia si fa romanzo con un effetto di espressionismo privo di sbavature stilistiche. Bello, semplice, corto (ottanta paginette) ma profondo e senza grandi pretese: si passa dalle gesta rivoluzionarie della resistenza armata sull’appennino tosco-emiliano al primo schiaffo del padre o alla rievocazione della dolce morte della nonna.
Davvero tanti sono i pensieri che possono addensarsi in prossimità della venuta al mondo di un essere tanto desiderato, che costringe a guardare la vita con meno ideologie e con una completa apertura all’imprevedibilità del futuro. Si può essere anarchici e padri nello stesso tempo? Cosa si riesce a salvare del collettivismo anarchico mettendo su famiglia? Famiglia e impegno politico sono conciliabili? Sembra in realtà quasi una lettera scritta alla figlia per quando sarà grande. Lettera personale ma che tocca le contraddizioni di una generazione intera, cresciuta pensando di cambiare il mondo con la rivoluzione e che poi invece ha visto solo neoliberismo.

UNA GENERAZIONE che vedeva Spazio 1999 come orizzonte di un futuro molto lontano: quando poi i 2000 sono arrivati erano davvero diversi da come si erano immaginati. Una sosta tra passato e futuro con molte incertezze e dubbi, ma con riflessioni lucide e autoironiche. Baby block: un quaderno per gli appunti di una neonata, un blocco o impedimento che costituisce la neonata in quanto persona diversa che sta di fronte e si contrappone, un block che nostalgicamente ricorda gli spezzoni del corteo; queste e altre polisemie si dispiegano nel breve racconto. Forse le difficoltà dell’educazione libertaria nelle famiglie di oggi potrebbero essere più condivise, visto il mondo difficile in cui viviamo e i sogni rivoluzionari che ci portiamo sempre (solo?) dentro.