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Diana Dors febbre bionda

Diana Dors febbre biondaDiana Dors in «Gli uomini condannano» di J. Lee Thompson (’56)

Ritratti La presenza iconica di una «Blonde bombshell» dalla carriere bruciata velocemente

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 24 luglio 2021

Diana Dors è nata il 23 ottobre 1931, figlia di Winifred Maud Mary Payne e – pare – di Albert Fluck: la donna non sapeva chi fosse il vero padre della bambina, Fluck decise di riconoscerla legalmente malgrado i dubbi, dandole il nome di Diana Mary Fluck. La piccola, cresciuta nel sud-ovest dell’Inghilterra, brillante studentessa dai voti eccellenti, divenne a 14 anni l’allieva più giovane della London Academy of Music and Dramatic Art tanto che nel 1947, a ridosso del diploma, vinse la London Films Cup consegnatale da Alexander Korda. Lo stesso anno debuttò, non accreditata, in tre film e cambiò il cognome da Fluck a Dors: «Fu un consiglio di mia madre. Mi disse che qualora il mio nome fosse apparso sui cartelloni luminosi dei cinema, la L in Fluck sarebbe potuta cadere accidentalmente in qualsiasi momento…».

Il primo salto di qualità avvenne a 17 anni con Le avventure di Oliver Twist (1948, di David Lean) in cui Diana interpreta un ruolo minore. Firmato un contratto con la Rank Organisation, bisognerà aspettare ancora qualche tempo per vedere la promettente attrice in ruoli di primo piano, come in La città dei diamanti (1949, di David MacDonald), Ragazze inquiete (1950, di Charles Crichton) e Face to Face (1951) film televisivo prodotto dalla Bbc.
Tutto sembrava perfetto per il lancio di carriera, eppure qualcosa si inceppò nella vita della burrosa bionda che vedeva in Veronica Lake e Jean Harlow i suoi miti. Nel 1951, durante le riprese di Nuda ma non troppo, Diana incontrò Dennis Hamilton, suo primo marito (i due successivi sono stati gli attori Richard Dawson e Alan Lake), e da quel momento partirono una serie di dinamiche negative che minarono vita pubblica e privata della donna. Hamilton, in diverse occasioni, spinse la moglie a sedurre produttori e divi inglesi per ottenere favori professionali, ma soprattutto divennero noti nell’ambiente i festini orgiastici organizzati dalla coppia presso Orchard Manor, loro residenza-alcova nel Berkshire.

Nel 1953, il 24enne Bob Monkhouse, sceneggiatore in erba, fu invitato a uno di questi sexy party. Le luci all’interno della dimora erano spente e in salotto si proiettavano filmini hard, alcuni realizzati dagli ospiti presenti. Monkhouse venne accalappiato da una piacente danzatrice e lo portò in camera da letto. Il ragazzo notò uno specchio finto appeso al muro della stanza, fissato in modo che gli altri ospiti potessero spiare indisturbati. Monkhouse fuggì furioso e lungo la strada per l’uscita incrociò Diana che gli disse: «Molte persone adorano fare queste cose e i miei invitati non vedono l’ora di poter tornare alle mie feste». Un anno dopo i due si incontrarono nuovamente durante una trasmissione radiofonica e iniziarono una relazione clandestina, ma Hamilton ne venne a conoscenza, arrivando a minacciare Monkhouse con un rasoio. Quest’ultimo rimase talmente scioccato dall’aggressione che per diversi anni continuò a vivere nella paranoia, fino al 1959, quando Hamilton morì per sifilide terziaria. Non era un segreto che l’uomo fosse un violento, motivo principale per cui la carriera hollywoodiana di Diana non decollò mai: durante un ricevimento per celebrare l’arrivo dell’attrice a Los Angeles, Hamilton prese a pugni un fotografo, i giornali titolarono «Miss Dors, tornatene a casa. E porta il signor Dors con te». La Rko Pictures le rescisse il contratto di due film su tre.

Infatti, Diana ha avuto poche soddisfazioni professionali: Gli uomini condannano (1956, di J. Lee Thompson), considerata la sua miglior interpretazione in assoluto, e Furia infernale (1957, di John Farrow) sono alcuni dei più importanti titoli della sua filmografia – la locandina del primo la lanciò come «Blonde Bombshell», il secondo è celebre per il flirt che ebbe sul set con Rod Steiger. Da segnalare, inoltre, La ragazza del Palio (1957, di Luigi Zampa), unica produzione italiana cui Dors prese parte, accanto a Vittorio Gassman e Franca Valeri. Il risultato al botteghino fu un disastro e Diana venne criticata di legnosità per un ruolo troppo simile alla figura di Marilyn Monroe, tanto che per diverso tempo riviste e manifesti presentarono Diana come suo surrogato d’oltremanica. Dors, però, avendo apertamente raccontato il proprio stile di vita, non voleva rispondere a logiche d’immagine preconfezionate. Era libertina, godereccia, eccessivamente umana: nel 1966 dichiarò bancarotta, dovette vendere Orchard Manor e iniziò a esibirsi in night club per soli uomini – sulla scia di un’altra biondissima sfortunata, Jayne Mansfield.

Eppure in questo periodo Diana regala le sue caratterizzazioni più conosciute, perlopiù in produzioni horror britanniche: Il cerchio di sangue (1967, di Jim O’Connolly) accanto a Joan Crawford; Il cervello dei morti viventi (1972, di Peter Sasdy) con Christopher Lee e Peter Cushing; La bottega che vendeva la morte (1973, di Kevin Connor) con Donald Pleasence; Oscar insanguinato (1973, di Douglas Hickox) con Vincent Price e Diana Rigg; Craze – Il buio macchiato di rosso (1974, di Freddie Francis) con Jack Palance. Senza trascurare comparsate di contorno come in M’è caduta la ragazza nel piatto (1970, di Roy Boulting) con Peter Sellers e Goldie Hawn, e La ragazza del bagno pubblico (1970, di Jerzy Skolimowski).

Dopo 4 autobiografie pubblicate e un considerevole aumento di peso, nel 1983 Dors scrisse una guida per dimagrire, realizzò una serie di videocassette dedicate all’argomento e iniziò a condurre una trasmissione in onda su TV-am dove si pesava settimanalmente per dimostrare l’efficacia dei suoi consigli. Peccato però che i massicci gioielli indossati durante la prima pesata scomparvero magicamente alla seconda. Trucchi del mestiere che la portarono al suo ultimo ruolo cinematografico, quello di Violet in Steaming – Al bagno turco (1985), presentato fuori concorso al Festival di Cannes e uscito postumo sia per Diana (scomparsa il 4 maggio 1984 a seguito di un tumore alle ovaie) sia per il regista Joseph Losey. Grazie a quest’ultimo Dors tornò protagonista vincente accanto a Vanessa Redgrave e Sarah Miles. Ma la consacrazione finale arriva dalla band The Smiths con l’album-raccolta Singles (1995): in copertina campeggia lo sguardo tormentato di Diana in Gli uomini condannano, affettuoso omaggio che l’ex gruppo di Manchester le ha dedicato perché, come canta Morrissey, «Some Girls Are Bigger Then Other».

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