Siamo d’ accordo con Riccardo Petrella, maestro con cui ben di rado ci è capitato di essere in disaccordo. Il capitalismo globale ha assunto tutti i tratti del tecnofascismo e la trasformazione continua di beni comuni in capitale, dopo aver travolto l’ ambiente ed ogni ecosistema, ora aggredisce direttamente l’ umano, rendendolo a sua volta merce.

Con la strutturazione finanziaria e cognitiva di questo tardo capitalismo, l’illusione di volare (ossia di crescere), mentre invece stiamo precipitando, si nutre di nuovi apparati ideologici che abbattono il senso critico. In questo scenario il Comitato Rodotà, che abbiamo contribuito a fondare dopo un Convegno ai Lincei dello scorso 30 novembre, e che a breve potrà annunciare dopo poco più di un mese dall’inizio della raccolta nazionale, il raggiungimento delle prime 50.000 firme, cerca di evitare il disfattismo ma anche il velleitarismo.

Di fronte ai dati sul cambiamento climatico e alla relativa marginalità dell’Italia nel panorama globale, ci si può facilmente rassegnare pensando che non valga più la pena di lottare. Per converso, fra i molti che non smettono di lottare, prevale (e questo traspare anche dalle note di Petrella) il senso per cui “ci vuole ben altro” rispetto all’inserzione dei beni comuni e delle generazioni future come nozione giuridica al cuore del nostro sistema proprietario (ossia il Libro III del Codice Civile e gli artt. 9, 42 e 43 della Costituzione).

Noi siamo consci che ci voglia ben altro ma da qualche parte occorre iniziare e il Ddl Rodotà che ha generato in Italia e all’estero un importante cultura giuridica dei beni comuni deve diventare Legge. Ciò non basta perché la legge non serve a nulla se la cultura generale non è pronta a recepirla. Per questo abbiamo iniziato un cammino di ecoalfabetizzazione nazionale con tappe di discussione in ogni città e con gruppi spontanei che si incontrano che già ha fatto ripartire una discussione sui beni comuni che purtroppo in questi ultimi quattro anni è stata quanto mai autoreferenziale, monopolizzata dai protagonisti di alcune esperienze di avanguardia assolutamente marginali.

Noi pensiamo che dopo il referendum del 2011, grazie al quale il popolo italiano ha salvato dalla privatizzazione circa 200 miliardi di euro, i beni comuni appartengano a tutti e che proprio a tutti si debba rivolgere la campagna, in primis culturale, necessaria per difenderli. La necessità di liberarsi dalla obsoleta e formalistica nozione del demanio pubblico costruendo un diritto che va dalla natura dei beni al loro regime e non viceversa, era avanzatissima e innovativa 10 anni fa. Oggi è urgente perché nuove privatizzazioni incombono e il lavoro critico da svolgere per superare l’ottusità generata dalla contrapposizione ideologica fra pubblico e privato, di cui si pasce l’ ideologia del costituzionalismo borghese, è davvero imponente (come dimostrano alcune reazioni scomposte alla nostra proposta). Quindi benissimo discutere come suggerisce il compagno Azzariti, ma sempre ricordando che una cosa è discutere una cosa è fermarsi per far solo quello.

Se avessimo dato retta a quanti ci invitavano a fermarci a discutere quando mettemmo online i quesiti del Referendum contro il Decreto Ronchi nel novembre 2009 li avremmo magari vinti ma a privatizzazioni (fissate per il dicembre 2011) già avvenute! Bisogna saper capire quando sta passando l’ ultimo treno. In un panorama di degrado politico drammatico, con in vista solo tempi bui, occorre dare una canalizzazione istituzionale al vento dell’ecologismo, interpretato dalle generazioni future che pagheranno il conto della nostra ottusità. Per questo il 15 marzo, in occasione del Friday for Future il Comitato Rodotà per i beni pubblici e comuni (www.benipubbliciecomuni.it) porterà banchetti in almeno 100 piazze per dare ai neo maggiorenni la possibilità di esercitare un diritto costituzionale, spiegando loro di che si tratta.

Per questo stiamo costruendo la Cooperativa delfino ad azionariato intergenerazionale, una istituzione del comune oltre il pubblico e il privato (per dirla con Maria Rosaria Marella) che saprà diventare un potente e strutturato antagonista dei troppi soggetti giuridici squalo che, tanto privati quanto pubblici, praticano devastanti politiche estrattive. Troppo poco? Noi questo proviamo a configurare come un percorso concreto e davvero aperto che non si limiti ai moniti e agli auspici. Camminando si può continuare a discutere.