Pasolini a Gramsci: «Hai capito già negli anni Venti che era iniziata la fine della civiltà moderna? Io ci sono arrivato soltanto negli anni Settanta… Tu, Antonio, come hai fatto?»
«Riflettendo autocriticamente sulla vittoria del fascismo, Pier Paolo. Anch’io, come te, ho sperimentato nella vita e nel lavoro che ‘ogni nostra cognizione principia dai sentimenti’ – come ha capito Leonardo da Vinci già nel Rinascimento e oggi Antonio Damasio va dimostrando. Nel caso tuo scintilla della cognizione è stato il sentimento della perdita – dello «spirito popolare creativo» nei corpi dei tuoi giovani amanti. Nel mio caso il sentimento della debolezza: i fascisti hanno vinto con l’uso della forza, sì, ma soprattutto per debolezza del marxismo.»

«Quale debolezza?»

«Il marxismo era contraddittorio alla radice: per capire il mondo decisiva è l’economia, per cambiarlo la politica.»

«Già… anche in Marx…»

«Sì. Il campo della politica era analiticamente secondario per lui, mentre nella prassi la politica era assolutamente primaria. Per ciò son dovuto andare non soltanto oltre il marxismo ma anche oltre Marx. «Perché gli Epigoni dovrebbero essere inferiori ai progenitori? Perché dovrebbe essere legato al concetto di Epigono quello di degenerato? Nella tragedia greca, gli «Epigoni» realmente portano a compimento l’impresa che i «Sette a Tebe» non erano riusciti a compiere.» Li hai letti tutti i Quaderni, vero?

«Mhmm… Quello che è toccato a te con i compagni, a me è toccato persino con gli amici…»

«Sì. Non hanno capito che quando scrivevo «crisi organica» parlavo di crisi della civiltà moderna. E i tuoi amici, i Moravia, i Calvino, non hanno compreso che di crisi di civiltà parlavi quando scrivevi di «fine del mondo». T’hanno risposto che le cose del mondo cambiano sempre e che la «fine del mondo» era una tua «drammatizzazione»…

Domando a Gramsci con un gesto Lettere luterane, me lo porge, leggo: «Le cose sempre cambiano. È vero. Il mondo ha eterni, inesauribili cambiamenti. Ogni qualche millennio, però, succede la fine del mondo. Se oggi voi camminate per una periferia, tale periferia vi dirà: «Qui non c’è più spirito popolare creativo. »

Sollevo gli occhi, Gramsci e Pasolini sono spariti, e mi ricordo d’essere uscito di casa proprio con il libro che stringo commosso in mano.