Gramsci sta osservando la foto di copertina di un libro esposto nella
vetrina della libreria La Fenice di via Merulana in Roma. È il Gramsci
maturo, quello dei Quaderni del carcere qui esposti nell’edizione
critica, ma la foto non è la foto segnaletica che gli hanno fatto in
carcere a metà degli anni Trenta, bensì la foto tessera di metà degli
anni Venti, quando era giovane, a piede ancora libero, marxista e
comunista:

“Vedi cosa succede a scrivere, Antonio?” – sente qualcuno dire alle
sue spalle, si volta e trova Gesù di Nazaret.

“Sì, lo vedo, Gesù… Che ne pensi tu di questa furbata dei miei… curatori?”

“È una trovata volpina… Vogliono far credere che tu, in carcere, eri
sempre il Gramsci fondatore del Partito Comunista d’Italia, insomma
che c’è continuità tra il Gramsci giornalista del Grido del Popolo e
dell’Avanti! e il Gramsci scienziato della storia e della politica…”

“Sì… vedi bene e capisci meglio… È per questo che tu non hai scritto
di tuo pugno una parola, come invece hanno fatto prima di te lo
Jahwista e dopo di te Maometto, autori anche loro di una religione del
Libro?”

“Mai scritto libri, io… e nonostante ciò sono stato ingabbiato in una
religione del Libro…”

“Lo hai deciso tu, Gesù, secondo un preciso progetto, di non lasciare
parole di tuo pugno a testimonianza della tua teoria e della tua
prassi?”

“Certo, l’ho fatto a bella posta.”

“Ma… non l’hai fatto proprio mai? Non scrivevi parole mentre ascoltavi
gli aspiranti linciatori dell’adultera colta in fragrante?

“No, disegnavo figure, Antonio, e nella polvere… Delle parole scritte
si appropriano sempre i sacerdoti, i professori, i “funzionari delle
superstrutture” – come li chiami tu. E li riducono a Libri Sacri,
ergendosi a  interpreti ufficiali del pensiero dell’autore,
accapigliandosi sulle minuzie del testo per disperderne lo spirito, e
interpolando ciò che non hai detto e che non hai fatto dove e quando
loro conviene…”

“Però non sei riuscito a salvare il tuo progetto non scrivendo, Gesù…”

“Vero è, Antonio, ma per fortuna, alla lunga, grazie a qualche anima
libera, salta fuori la verità effettuale della cosa… il che sta
accadendo nel mio caso, come nel tuo… Comunque, io sono stato più
fortunato di te: di me non è rimasto nessun ritratto, e non hanno
potuto fare il gioco delle due carte…”

(segue)