Dove va la Francia di François Hollande, arrivato quasi a metà mandato? Il paese sembra un battello in preda alla tempesta, con un capitano che parla e nessuno lo ascolta, che predica il dialogo sociale ma molti gli voltano le spalle. Quattro sindacati – Cgt, Fo, Solidaires e anche Fsu (scuola) – hanno boicottato ieri la seconda e ultima giornata della Conferenza sociale, il terzo appuntamento della presidenza Hollande sul dialogo padronato-lavoratori, che una volta l’anno avrebbe dovuto consolidare la svolta social-democratica, nel senso di privilegiare la concertazione allo scontro, che il presidente aveva l’intenzione di introdurre in Francia. Ma per i sindacati, la Conferenza “è mal impostata sul dialogo sociale”, precisa Bernadette Groison della Fsu. Inoltre, “ad essere un problema sono gli orientamenti difesi dal governo”, aggiunge la sindacalista. La Cfdt ha scelto di partecipare alla Conferenza: “la Cfdt è qui perché ci sono 5 milioni di disoccupati ed è nostra responsabilità cercare di trovare delle soluzioni”, spiega il segretario Laurent Berger.

Il governo Valls è accusato di aver ceduto alle pressioni del padronato. Difatti la scorsa settimana era stato per primo il Medef (la Confindustria francese) a minacciare il boicottaggio della Conferenza sociale. Con questo irrigidimento, il presidente Pierre Gattaz è riuscito ad ottenere una nuova concessione da parte di Valls: il calcolo per la pensione dei lavori usuranti sarà rimandato. Questo passo indietro si aggiunge alla lunga lista delle concessioni, che ieri ha portato una quarantina di deputati socialisti ad astenersi all’Assemblea sul voto della riforma della Sécurité sociale: una riduzione di 40 miliardi del costo del lavoro per recuperare competitività, 41 miliardi di sgravi di contributi per il padronato, mentre c’erano già 20 miliardi per il Cice (credito di imposta per la competitività e l’occupazione), il tutto addizionato a 50 miliardi di tagli nella spesa pubblica, 10 miliardi in meno anche per gli enti locali. Una cura di austerità che, stando a un calcolo che una deputata socialista afferma di aver reperito al ministero dell’Economia, rischia di costare 250mila posti di lavoro. In Francia, ci sono già 3,5 milioni di disoccupati, cifra che supera i 5 milioni se si calcolano anche le persone che hanno lavorato qualche ora. Di fronte a questa situazione, il governo ha fatto entrare in vigore l’accordo firmato il 22 marzo scorso tra il padronato e una parte minoritaria di sindacati sugli intermittenti (precari) dello spettacolo, che riduce i diritti del passato. Mentre gli intermittenti, appoggiati dalla Cgt, sostengono che le protezioni di cui godeva la categoria dovrebbero essere estese a tutti i lavoratori, vista l’incidenza del precariato ormai in tutti i settori (per gli intermittenti basta lavorare 507 ore in dieci mesi – prima erano 12 – per ottenere un sussidio di disoccupazione per 9,5 mesi, ma con il nuovo accordo è più difficile accedervi).

Manuel Valls ha chiuso ieri sera la Conferenza sociale di fronte alle sedie vuote di alcuni sindacati. Il primo ministro ha passato 100 giorni a Matignon, e anche se non vuole insistere su questa ricorrenza dal sapore napoleonico afferma di voler lottare contro tutti i “blocchi” della società francese, “intralciata” nel movimento necessario dalle “abitudini e atteggiamenti partigiani”, mentre la sinistra deve essere “reinventata”, perché “rischia di morire” se non si adegua ai cambiamenti del mondo.

Intanto, gli spettacoli del Festival di Avignon rischiano ogni giorno di essere annullati (il 4 luglio è saltata la prima del Principe di Homburg con la regia di Giorgio Barberio Corsetti). I giuristi sono in piazza contro i tagli agli avvocati d’ufficio. I traghetti della Sncm sono fermi nel porto di Marsiglia e in Corsica ci sono già stati incidenti per il blocco dell’isola, che ormai puo’ solo rivolgersi alla privata Corsica Ferries. Le ferrovie sono state ferme per una decina di giorni a giugno, per una protesta contro la riforma della struttura societaria della Sncf. Ogni cambiamento proposto si scontra contro un muro e Hollande paga il peccato originale di non aver saputo far cambiare rotta all’Europa dell’austerità.