Il «meccanismo di dialogo» sarebbe già pronto a partire, se una delle parti, quella golpista di Guaidó-Trump, non chiudesse la porta a ogni ipotesi di negoziato che non comporti una resa totale del presidente Maduro: è la proposta «in quattro tappe» avanzata dai governi di Messico e Uruguay in vista di una soluzione «integrale e duratura» della crisi venezuelana.

La prima tappa del cosiddetto «meccanismo di Montevideo» prevederebbe la creazione di condizioni per il contatto diretto tra gli attori coinvolti e verrebbe seguita dal negoziato vero e proprio mirato a individuare «i punti in comune», dalla stesura e la sottoscrizione degli accordi con relativo cronogramma e, infine, dall’applicazione, con accompagnamento internazionale, degli impegni assunti.

Nessuna condizione previa verrebbe imposta alle parti, a cominciare da quella di elezioni presidenziali anticipate respinta da Maduro e considerata irrinunciabile dall’opposizione: «Spetta a loro incontrarsi, parlare e sistemare la questione», hanno spiegato in conferenza stampa i ministri degli Esteri dell’Uruguay e del Messico Rodolfo, Nin Novoa e Marcelo Ebrand.

La proposta è stata presentata dai due governi alla conferenza internazionale di ieri a Montevideo con la partecipazione del gruppo di contatto creato dalla Ue, ma è assai difficile che venga accolta dai paesi europei che ne fanno parte, tra cui solo l’Italia si è mantenuta neutrale (Francia, Germania, Paesi bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno unito hanno tutti riconosciuto Guaidó come presidente ad interim).

Uno sbilanciamento emerso pienamente dall’intervento dell’Alta rappresentante Ue Federica Mogherini che ha indicato come obiettivo della conferenza quello di «accompagnare una soluzione pacifica e democratica dell’attuale crisi attraverso elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili». «Sostegno assoluto» alla proposta di Messico e Uruguay è stato invece espresso dal presidente Maduro, che ha precisato come il suo governo sia «pronto e preparato a partecipare a un processo di dialogo sovrano e costituzionale, per la ricerca di una agenda nazionale di accordo, pace e intesa».

Ma a dire di no, perché così ha disposto Washington, ci penserà sicuramente Guaidó, che si è dedicato a criticare, prima dell’inizio della conferenza, il mancato ingresso dell’Uruguay nel Gruppo di Lima. Più importante, per lui, è raccogliere quanti più riconoscimenti possibili per il suo non negoziabile programma in tre punti: fine dell’usurpazione, governo di transizione, elezioni libere e democratiche.

È su questa immodificabile base che il presidente dell’Assemblea nazionale si è riunito mercoledì con alcuni rappresentanti dell’Unione europea, ringraziandoli per il riconoscimento della sua presidenza formalizzato da ben 20 paesi membri. Ed è sempre su questa base che si è rivolto anche lui, come aveva già fatto Maduro, a papa Francesco, chiedendogli di collaborare – non di mediare – al raggiungimento dei suoi tre obiettivi. «Sarei «felice – ha detto – di ricevere il papa nel nostro paese, un paese molto cattolico, molto devoto, di grande tradizione religiosa».

Ed è proprio per la chiusura mostrata dall’opposizione che il viceministro degli Esteri russo Riabkov ha detto di non farsi illusioni sulla possibilità di concretizzare un meccanismo di dialogo, pur convinto della necessità di mostrare ai «non pochi» che «hanno l’ossessione delle sanzioni, le minacce, le pressioni e i ricatti che esiste un’alternativa ragionevole e probabilmente praticabile».