È con grandi aspettative che i nicaraguensi guardano al dialogo di pace tra il governo di Ortega e i diversi settori dell’opposizione che inizia oggi a Managua con la mediazione della Conferenza episcopale.

I vescovi hanno accettato di promuovere l’iniziativa solo dopo aver costretto l’esecutivo ad accogliere una serie di «premesse ineludibili», tra cui la fine immediata della repressione e il via libera all’ingresso della Commissione Interamericana per i diritti umani, incaricata di indagare sulla violenta risposta della polizia e dei gruppi paramilitari affini al governo alle mobilitazioni innescate dalla riforma della previdenza sociale.

Le proteste, che non si sono più fermate in tutto il paese, rivendicano il ritorno allo stato di diritto, politiche ecologiche e di giustizia sociale e coinvolgono operai, disoccupati, precari, pensionati e giovani.

Intanto, secondo la denuncia espressa, tra gli altri, dall’Università Centroamericana, retta dai gesuiti, continua la repressione contro gli studenti nei campus. Quale che sia il risultato del dialogo, in tanti sono pronti a scommettere che la dittatura istituzionale in cui si è trasformato il governo Ortega abbia ormai i giorni contati.