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Per il terzo anno consecutivo, viene lanciata nel giorno di oggi il #DíaAntiChevron, una giornata di mobilitazione da parte del UDAPT, la Unión de Afectados por Chevron-Texaco. 30 mila persone della Regione della Selva equadoriana soffrono le conseguenze di decenni di contaminazione tossica dovuta alle operazioni petrolifere di Chevron in Equador.

Non è mai stato applicato il principio internazionale “chi contamina paga”, e si è constatata ancora una volta l’impunità di cui dispongono le grandi imprese transnazionali.

Ma gli effetti dell’industria petrolifera non si limitano al paese andino. Chevron ha causato danni e conseguenti vittime in tutto il mondo; quest’anno la campagna dell’UDAPT acquista connotazione mondiale.

E’ stata pubblicata oggi a livello internazionale una Mappa tematica sui conflitti ambientali provocati dall’impresa petrolifera, un progetto congiunto tra ricercatori e attivisti che includono l’ICTA-UAB (Istituto di Scienza e Tecnologia ambientale- Università Autonoma di Barcellona), A SUD ONLUS, CDCA (Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali di Roma), e UDAPT.

La mappa interattiva individua più di 30 comunità vittime d’ingiustizia ambientale nei cinque continenti. Raccoglie prove sui danni provocati durante l’estrazione di petrolio, lo sfruttamento del gas e le attività di fracking.

Sottolinea come molte attivitá avvengono in zone di alta biodiversità, come l’Amazzonia, Montagne Rocciose, Islas de San Andrés in Colombia, nel delta del Niger in Nigeria, hanno un forte impatto sulla salute come dimostra il caso di intossicazione in Kazakhstan, e sono spesso soggette a incidenti, come avvenne nel 2011 in Campo de Frade in Brasile, con lo sversamento di almeno 380.000 litri di petrolio in mare (secondo dati ufficiali della compagnia).

La prossima settimana gli azionisti di Chevron si riuniranno nella sede dell’impresa a San Ramón, in California.

La mappa dimostra che danni e incidenti non sono casi isolati, ma una pratica sistemica di elusione della giustizia da parte dell’impresa. UDAPT denuncia il non compimento di sentenze a favore delle vittime, in particolare lo storico verdetto della Corte Suprema dell’Equador del 2013, che condannò Chevron a pagare più di 9.500 milioni dollari per le riparazioni, bonifica dei terreni, installazione del sistema d’acqua e implemento del sistema di salute nella zona.

Chevron ha ricevuto una pronuciamento contrario anche del Tribunale Supremo Canadese, che nel 2015 ha ratificato la sentenza della corte ecuatoriana. Pablo Fajardo, avvocato del UDAPT in rappresentanza delle vittime, ha spiegato che la risoluzione emessa permetterà di riconoscere  la sentenza stabilita dalla Corte Nazionale di Giustizia dell’Ecuador, ogni volta che l’impresa cercherá di appellarsi a corti straniere ed eludere la giustizia ecuatoriana.

Fajardo ricorda che in Canada Chevron mantiene attivi più di 25 milioni di dollari, che permetterebbero di restaurare una delle zone di maggiore importanza per l’equilibrio dell’ecosistema

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mondiale.

Attivisti e organizzazioni di rilevanza mondiale hanno espresso la loro solidarietà in una lettera pubblica, dove esigono con forza l’applicazione della sentenza equatoriana e il rispetto dei diritti umani e ambientali delle localita’ in cui opera. La lettera sará consegnata agli investitori della multinazionale, nella presentazione che Humberto Piaguaje, Coordinatore dell’UDAPT, realizzera’ durante la riunione annuale degli azionisti di Chevron.

Il caso ecuadoriano con il gigante del petrolio è un esempio emblematico della rivedicazione da parte delle comunità e delle autorità nazionali di giustizia e sovranità di fronte al potere corporativo e di un’architettura dell’impunitá a livello mondiale che lo tutela.

Tali rivendicazioni non devono risuonare come estranee al contesto italiano e europeo; da un lato siamo tra i principali consumatori di combustibili fossili e dall’altro accordi di cosiddetto “libero” commercio attualmente in negoziazione, come il TTIP e meccanismi di giurisdizione privata come il ISDS, mettono ulteriormente in pericolo il principio democratico e sovrano della giustizia.

* Le autrici sono ricercatrici al centro ICTA-UAB (Istituto di Scienza e Tecnologia ambientale- Università Autonoma di Barcellona)

Per ulteriori informazioni sulla campagna

http://texacotoxico.net/
http://ejatlas.org/