Alla fine, dopo essere rimasta per settimane chiusa nel cassetto l’analisi costi-benefici sulla Tav è pubblica. Anzi è pubblicata dal Fatto, giornale vicino ai 5S, ancora prima di spuntare sul sito del Ministero dei trasporti. I parlamentari possono informarsi dall’una o dall’altra fonte. Metterli al corrente non è considerato prioritario ed è ovvio che non prendano bene lo sgarbo. Particolari: l’importante è che il documento dovrebbe chiudere la discussione seduta stante.

Se un’opera registra una perdita secca di 8 miliardi sembrerebbe esserci poco da discutere, tanto più che il testo stilato dai commissari coordinati da Marco Ponti, 5 su 6 perché il sesto, Pierluigi Coppola, non ha firmato siglando così il suo dissenso, dimostra che con la mini-Tav il danno sarebbe appena meno ingente. Le penali a prima vista sono esose: 1.700 milioni. Poi però arriva la precisazione del ministero: dal momento che le multe riguarderebbero solo le opere già in cantiere la banda dei milioni da pagare oscilla tra i 130 e i 400. Toninelli trae da solo le conclusioni: «I numeri sono impietosi. E’ evidente che ci sono altre priorità infrastrutturali».

Dovrebbe essere l’ultima parola, invece è la mossa che scoperchia un vaso di Pandora. Ed è ovvio che sia così: la commissione era stata istituita essenzialmente per prendere tempo, affidata a un tecnico notoriamente contrario alla Tav, il che basta e avanza al coro favorevole alla tratta per strillare che quei conti sono carta straccia. «Dalla farsa siamo passati a una truffa per far quadrare i conti come vuole il padrone», sbotta il commissario straordinario per la Tav Paolo Foietta. A seguire arriva il diluvio. Le accuse di aver falsato i calcoli si sprecano. Pd e Fi sono i più scatenati ma l’oscar se l’aggiudica Berlusconi, ospite di Barbara D’Urso, con uno show da grande attore. Parla di tutto, attacca i 5S su tutto ma è intorno alla Tav che prepara il pezzo forte: «Ma lo capite o no che sono matti?».

La Ue prende tempo anche se Tajani, in veste di presidente del parlamento europeo, non manca di segnalare che per l’Europa l’opera è fondamentale. Giuseppe Conte, mandato come al solito allo sbaraglio e sbeffeggiato in pieno Parlamento europeo dal leader belga dei Liberali europei Guy Verhofstadt con un cocente «Per quanto resterà un burattino mosso dai vicepremier?», prova a difendere il suo governo: «E’ un progetto di interesse europeo» ma «a fronte di valutazioni di 25 anni fa abbiamo ritenuto opportuno riaggiornarle».

Il verdetto europeo e francese arriverà a giorni. Stanno «studiando le carte». Quello di Confindustria invece è già arrivato: «La Tav vale 50mila posti di lavoro e questo è l’importante», sentenzia il presidente Boccia, senza spiegare perché ove i fondi fossero dirottati su altre opere i posti di lavoro svanirebbero.

Tutte queste rumorose reazioni erano prevedibili. La sfida sulla Tav è politica e simbolica: nessun conto basterebbe a risolverla. C’è una sola reazione che conti davvero, proprio perché la partita è politica: quella della Lega. Salvini, arrivando al vertice di maggioranza disertato da Di Maio, se la cava con un diplomatico «Non ho ancora letto il documento». I suoi ufficiali usano meno tatto. Analisi o non analisi la Tav s’ha da fare. «Quel documento non è mica il Vangelo. Prima di mandare tutto a monte bisogna riflettere bene. Non realizzare l’opera non la vedo come un’ipotesi percorribile», va giù secco il capo dei deputati Molinari. Il sottosegretario Bitonci è più ruvido: «Va assolutamente realizzata». L’unica scappatoia, indica Molinari, è il referendum regionale. Altrimenti resterà solo l’aula e l’incidente lì sarebbe enorme, forse fatale, dal momento che la Lega voterebbe con Forza Italia e Pd a favore della tratta.

La scomparsa di Luigi Di Maio, che anche ieri ha disertato il vertice di maggioranza ed è poi sparito per tutto il giorno, dimostra quanto enorme sia la difficoltà dei 5 Stelle. Al tavolo di maggioranza arriveranno con posizione fermissima. Ma lì, si lascia sfuggire qualche voce autorevole, potrebbero invece passare a posizioni più morbide. Perché il governo val bene una Tav.