Per il neo-ministro del lavoro e dello sviluppo Luigi Di Maio i ciclo-fattorini, incontrati ieri al ministero a Roma, sono il «simbolo della nostra generazione abbandonata, vittima di tante leggi che normavano i rapporti di lavoro e li rendevano ancora più precari». È stato un atto forte, e non scontato, il primo ufficiale da ministro, quello fatto ieri di Di Maio che poi ha incontrato gli imprenditori brianzoli di «Drappo bianco» al Mise. Le sue parole hanno segnato una netta discontinuità con i suoi predecessori, addirittura forse un’identificazione, non certo di classe, ma almeno generazionale, da parte del trentunenne pentastellato la cui esperienza lavorativa è stata simile a quella dei giovani che ha ricevuto prima di diventare un professionista della politica. Al momento, in vista di un nuovo incontro previsto la settimana prossima e di un percorso legislativo tutto da scoprire, l’atto del vice-presidente del consiglio non andrebbe giudicato solo nei termini di una «disintermediazione» realizzata in politica dal suo movimento, e nel capitalismo dalle piattaforme digitali per le quali lavorano i «riders».

DI MAIO, nei fatti, ha riconosciuto un aspetto decisivo della giovane storia delle lotte dei ciclofattorini: la loro capacità di auto-organizzazione politico-sindacale. Da due anni a questa parte, prima a Torino con il caso Foodora, poi a Milano e a Bologna, queste ragazze e ragazzi hanno rivelato il coraggio e l’intelligenza della nuova forza lavoro. L’incontro di ieri in via Veneto con la Riders Union Bologna e la Riders Union Roma non ci sarebbe mai stato senza la capacità di riflettere sulla propria condizione precaria, di usare il diritto, criticare il capitalismo delle piattaforme e elaborare la carta dei diritti del lavoro digitale a Bologna. Su queste basi è nata la politica che ha permesso di coalizzare attorno ai rider forze sindacali (Cgil, Cisl, Uil), politiche (la sinistra di «Coalizione Civica» e il Pd), e il sindaco di Bologna Merola che ha annunciato il «boicottaggio» di Foodora, Deliveroo, JustEat e le piattaforme che non hanno firmato la carta. E non ci sarebbero state le uscite del country manager di Deliveroo Matteo Sarzana e del Ceo di Foodora Gianluca Cocco che hanno rinviato la questione a un «tavolo nazionale». Ieri Deliveroo si è detta disponibile a partecipare. Di Maio, su Facebook, ha giudicato positivamente la dichiarazione di Sarzana.

CHI HA CREATO questa occasione, fino all’altro ieri impensabile, sono i riders che hanno cambiato l’agenda politica degli enti locali e regionali. Il comune di Milano e la regione Lombardia si sono attivati; la regione Toscana sta affrontando il problema; il governatore della regione Lazio Nicola Zingaretti ieri ha rinnovato l’impegno a presentare una legge entro luglio senza escludere «un impegno comune con il governo».

I PROBLEMI sul tavolo sono molti e complessi. Innanzitutto la rappresentanza. La «trattativa nazionale» con i sindacati, le piattaforme e il governo sarà «partecipata». Al prossimo appuntamento dovrebbe esserci anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5S). In un video pubblicato su Facebook i ciclo-fattorini bolognesi hanno puntualizzato: «Non abbiamo la minima intenzione di rappresentare tutti i riders italiani che a Torino e Milano si sono organizzati in sindacati metropolitani e parlano con la loro voce. Non siamo disposti a delegare a nessuno la regolazione del settore». In secondo luogo, hanno chiesto il riconoscimento dell’auto-organizzazione nella contrattazione: «Non rivendichiamo solo miglioramenti del lavoro e del salario – hanno scritto in una lettera a Di Maio – ma di essere riconosciuti come soggetto collettivo portatore di interessi particolari». E poi ci sono il salario minimo (evocato anche da Di Maio: «una cifra in euro precisa per ogni ora di lavoro, al di sotto del quale non puoi pagare una persona» ha specificato); la copertura assicurativa; l’obbligo di giustificatezza del licenziamento; il diritto di sciopero; la sicurezza stradale. Principi contenuti nella carta ieri rivendicata anche dall’assessore al lavoro di Bologna Marco Lombardo. «Sfidiamo il governo a un confronto con tutti coloro che si organizzano, no a spot e passerelle mediatiche», Questa è la posizione dei ciclo-fattorini.

I SEGRETARI di Cgil, Cisl e Uil di Bologna, cofirmatari dell’accordo, hanno reagito invitando Di Maio a «non strumentalizzare la Carta» e a parlare con «la moltitudine dei lavoratori che attendono risposte, anziché con i soli lavoratori interessati». «Bene partire dai riders ma bisogna affrontare i problemi nel rispetto delle relazioni industriali» ha aggiunto Giulia Guida (Filt Cgil). «Serve coinvolgere le aziende e i sindacati che tutelano i lavoratori» sostiene Cristian Sesena (Filcams Cgil). Una reazione, anche difensiva, che si spiega con il sospetto che Di Maio possa estromettere i sindacati (di ogni tipo) dalle contrattazioni future.

IN QUESTE DIFFICOLTÀ va apprezzata l’intelligenza dei «riders» che, in un incontro informale, si sono posti come un «sindacato sociale» di nuova generazione. È quanto sostiene il giuslavorista e consigliere comunale di «Coalizione Civica Bologna» Federico Martelloni che sta seguendo da vicino le sorti della Carta: «È strategica la richiesta di un compenso orario non inferiore a quello previsto da un contratto nazionale che può essere quello della logistica o del terziario – afferma – I riders rivendicano un interesse collettivo duplice: quello che interpretano direttamente e quello dei sindacati più rappresentativi che sottoscrivono i contratti collettivi. Questo è anche un modo per dialogare con il sindacato, per farlo avanzare e democratizzarlo».