Ci sarebbe da raccontare lo sbarco degli esordienti, l’arrivo di quegli eletti che fanno di questa legislatura un esperimento in termini di debutti ed età media. Ma quando arrivano alla camera i 221 eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle, ripescati dell’ultim’ora compresi, subito fanno i conti con la consegna del silenzio sancita da Rocco Casalino al primo incontro all’indomani del voto. Quindi la giornata trascorre in maniera surreale, con commessi che controllano gli accessi ai varchi delicati e i colleghi parlamentari al secondo mandato che fanno da chiocce e tengono alla larga i taccuini. Il silenzio, c’è da dire, capita a fagiolo, visto che le complicate trattative di questi giorni per le presidenze delle camere, l’avvio della legislatura e le prossime alleanze sono appannaggio del «capo politico» Luigi Di Maio e dei suoi collaboratori più stretti. Dunque ogni dichiarazione rischierebbe di apparire fuori linea.

Lui, Di Maio, ieri si è rivolto ai tantissimi convenuti, la maggioranza dei quali al debutto a Montecitorio, per annunciare l’ingresso in una nuova fase: «L’era dell’opposizione è finita – dice Di Maio – Adesso comincia quella del governo del M5S: saremo all’altezza di questa sfida e dimostreremo che la politica si può fare in maniera differente». L’ottimismo serve a rassicurare tutti sulla durata della legislatura: «Non vi manderemo a casa tutti quanti», dicono tra le righe. Anche le due misure utili a rassicurare la pattuglia e a non scivolare nella palude parlamentare delle quali si parlava nei giorni scorsi, paiono confermate. La prima: in caso di ritorno al voto nel giro di qualche mese a tutti sarà garantito un posto in lista. Sarebbe una vera e propria deroga alla regola dei due mandati, cosa non da poco per l’immaginario grillista. Buone notizie per gli epurati prima del voto perché massoni, indagati o coinvolti nel pasticcio dei rimborsi: sarebbe in vista una sorta di amnistia. Il più illustre dei sospesi, quelli ai quali Di Maio aveva giurato di aver fatto firmare una rinuncia alla proclamazione, è Salvatore Caiata, imprenditore indagato per riciclaggio con un passato di dirigente locale del Pdl. Adesso si dice speranzoso di una sua riabilitazione: «Ci sono margini, innanzitutto dobbiamo capire se c’è un’inchiesta. In ogni caso voterò secondo le indicazioni del gruppo».

La misura promessa da Di Maio era parsa da subito poco praticabile: «Non esistono le dimissioni nei collegi – spiega ancora Caiata – Io non ero nel listino proporzionale, ero candidato all’uninominale. Se dovessi farmi da parte si dovrebbero fare elezioni suppletive nel mio collegio. Assolutamente non ho intenzione di dimettermi». Del resto, dal senato arrivano ottime notizie per Emanuele Dessì, attivista storico e consigliere comunale di Frascati che stava per perdere il treno per Roma: era stato messo da parte per alcune immagini che lo vedevano in compagnia di un esponente della famiglia Spada e per via della casa popolare in cui abita. «È incensurato, i probiviri si pronunceranno sulla sua riammissione nel gruppo», ha detto nei giorni scorsi il capogruppo Toninelli. «Con questa squadra proseguirà la nostra rivoluzione gentile», dice la vicecapogruppo Castelli. La partita sarà lunga, lo si capisce quando i grillini pronunciano parole di apprezzamento per Mattarella e per la sua strategia di lungo periodo, ed è bene non perdere nessuna pedina, anche quelle che potrebbero creare più imbarazzo torneranno utili quando bisognerà pesare la forza degli eserciti in campo. La nuova era, quella governista, richiede anche sacrifici di questo tipo.