L’alleanza con la Lega che trascina la questione morale e l’attacco di Matteo Salvini alla giunta Raggi, le promesse elettorali e la discriminante antifascista. Nei tre giorni della ripresa dopo il weekend lungo pasquale, e a mese esatto dal voto per il parlamento europeo, Luigi Di Maio sceglie la strategia della sottrazione, si immerge come aveva scelto di mostrarsi con tanto di fidanzata e tuta da sub, e si presenta soltanto alla coda al consiglio dei ministri.

È un modo per prendere tempo, conquistare la scena a colpi di suspense e allo stesso tempo marcare distanza. Ma il leader grillino non può evitare i nodi politici non da poco sul presente e il futuro del Movimento 5 Stelle. Ieri in consiglio dei ministri è piombata la questione del sottosegretario Siri. Quando i vertici grillini hanno letto le dichiarazioni di Nino Di Matteo («La difesa di Siri da parte della Lega può diventare un segnale per Cosa nostra», ha detto il sostituto procurato della Direzione nazionale antimafia) hanno capito che non c’era spazio per alcuna mediazione: «Salvini deve accettare che Siri faccia un passo indietro», hanno detto. Così, il leader leghista ha provato a contrattaccare utilizzando come arma di scambio il «Salva Roma» contenuto nel Decreto crescita.

Quando dall’entourage grillino trapela una «indiscrezione» in fotocopia ad uso e consumo dei cronisti, si capisce che il duello politico interno alla maggioranza è ormai una gara esplicita a chi riesce a dettare l’agenda meglio dell’altro. «Le stanno provando tutte per distogliere l’attenzione sul tema principale: le dimissioni di Siri – dicono dal M5S – Prima gli attacchi gratuiti alla Raggi, poi la foto di Salvini con tanto di mitra e ancora la reintroduzione della leva obbligatoria. Una dopo l’altra per provare ad oscurare quella che per noi rimanere la notizia principale. Questo governo non deve avere alcuna ombra, non può essere accostato lontanamente a fatti di corruzione e mafia. Siri faccia un passo di lato e chiarisca».

Stamattina Di Maio sarà a Taranto, in prefettura, assieme alla ministre del sud e della salute Barbara Lezzi e Giulia Grillo e ai ministri dell’ambiente Sergio Costa e dei beni culturali Alberto Bonisoli. Qui proverà a risalire la china in uno degli epicentri della crisi del M5S nei territori. Missione quasi impossibile, perché in contemporanea associazioni, comitati e movimenti manifesteranno «contro le politiche di Di Maio e di tutto il governo giallo-verde».

Nella città che alle elezioni politiche consegnò poco meno della maggioranza assoluta dei voti al M5S, con picchi del 70% nel quartieri più esposti ai fumi dell’acciaieria, e nella quale uno stillicidio di dimissioni ha svuotato il gruppo grillino in consiglio comunale, i movimenti di protesta contestano a Di Maio «un anno di ipocrisia, tradimenti, bugie e latitanza». Anche il grande concerto del primo maggio organizzato dal comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti, che da anni chiede la chiusura dell’acciaieria, fornirà occasioni di critiche al governo gialloverde. La piazza tarantina si riempirà di nuovo tre giorni dopo, quando arriveranno movimenti da tutt’Italia davanti ai cancelli dell’ex Ilva ora Arcelor Mittal.