Una «regola verde» affinché una parte della spesa per investimenti a favore della «sostenibilità» e per contrastare i cambiamenti climatici sia esclusa dal calcolo del deficit. Questa è la proposta avanzata dal ministro degli Esteri, e «capo» dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio ricalcata su quella già diffusa a livello europeo chiamata «regola d’oro» e sostenuta dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che oggi sarà a Helsinki per partecipare alla prima riunione informale dell’Ecofin informale di settembre che riapre le attività dei ministri economici europei dopo la pausa estiva. Al suo debutto Gualtieri è stato preceduto dalla nuova strategia dei Cinque Stelle. Dopo essersi mimetizzati nel salvinismo, ad esempio sui «decreti sicurezza», ora hanno cambiato verso e sembrano orientarsi a diventare progressisti».

L’oscillazione schizofrenica a cui induce l’obbligo ideologico dell’essere «né di destra, né di sinistra» produce anche queste casualità. Dopo avere riunito in maniera irrituale alla Farnesina il suo gruppo di consiglieri economici Di Maio ha ipotizzato che la quota da scomputare possa essere pari al 2,5% del Pil per ogni stato membro dell’Unione Europea e ha rilanciato l’idea di «green bond» per finanziare le spese necessarie, ma tutte ancora da individuare, per lottare contro i cambiamenti climatici. La proposta richiama quella degli «eurobond» che ha una storia lunghissima e non hanno mai avuto un’applicazione.

Tra i primi ad averla formulata l’ex presidente della commissione europea Juncker e l’ex ministro dell’economia e delle finanze italiano Tremonti nel 2010. L’ipotesi non ha mai preso piede perché, tra l’altro, richiederebbe una riforma dei trattati europei oltre che dei compiti affidati alla Banca centrale europea.

È possibile che anche le nuove obbligazioni verdi di Di Maio presuppongano lo stesso percorso lungo e accidentato. Questa eventualità va considerata quando si evocano in Italia scenari di cambiamento dell’architettura economica europea in senso «espansivo» e di «maggiore flessibilità». I tempi non sono immediati, le trattative sono soggette ai veti incrociati tra i governi, le necessità dell’asse dominante franco-tedesco possono coincidere con gli interessi italiani, ma non è detto che si realizzeranno nei tempi e nei modi ipotizzati oggi. La richiesta di più tempo, programmazione e orizzonti distesi fatta dal premier Conte l’altro ieri a Bruxelles, e la convergenza delle politiche contro l’emergenza climatica annunciata dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen sono fattori che compongono un quadro in evoluzione.

In attesa della nota di aggiornamento del Def che presenterà il 27 settembre, a Helsinki Gualtieri incontrerà il vicepresidente Ue lettone Dombrovskis e l’ex commissario agli affari economici Moscovici. Ieri ha sentito per telefono il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno. Gualtieri sta spiegando il modo in cui il «Conte Due» vuole far calare il debito, aumentare gli investimenti, interpretare l’enigma della flessibilità nelle regole formulato da von der Leyen. Farà politica, cioè chiederà comprensione e aiuto alle sfingi europee.