«Mi preoccupa molto questa deriva di ultradestra a livello europeo con forze politiche con cui si alleerà la Lega che addirittura, in alcuni casi, negano l’Olocausto. Gruppi che sono usciti dal parlamento quando si commemorava la Shoah e quello che hanno fatto nei campi di concentramento». È nel primo pomeriggio, a margine di un incontro con i vertici della Camera di Commercio di Milano che il vicepremier pentastellato Di Maio decide di sparare alzo zero in direzione degli alleati di governo leghisti.

UNA BORDATA che lascia senza fiato e che difficilmente non avrà conseguenze nella spirale già piuttosto convulsa delle relazioni all’interno dell’esecutivo. Anche perché, trascorse solo poche ore si comprende come si sia trattato tutt’altro che di un exploit isolato. Quando le agenzie battono la dichiarazione di un altro esponente dei 5 Stelle, Stefano Buffagni, diventa chiaro come si tratti di una linea ponderata e precisa. «Non possiamo accettare posizioni di gente come Orbán o la Le Pen o di chi addirittura nega tragedie come l’Olocausto», scandisce il sottosegretario agli Affari Regionali, prima di aggiungere, facendo anche in questo caso eco a Di Maio, che «finché ci sarà il M5S al governo lo scenario di una deriva a destra non si realizzerà: gli italiani possono stare tranquilli».

Per la replica dei diretti interessati si dovrà aspettare la fine della giornata e le parole del governatore del Veneto, Luca Zaia che spiega: «Tirare fuori questa cosa è di cattivo gusto, Di Maio si prenda altre preoccupazioni. Chi tocca un ebreo è come toccasse uno di noi. Siamo impegnati contro il negazionismo».

In attesa di capire cosa potrà accadere ora, resta il segnale politico. Ancora incerti quanto alle proprie alleanze europee, i 5 Stelle sembrano aver trovato uno slogan per la campagna elettorale: per un paio di mesi almeno si proporranno come «l’argine» alla crescita del nazional-populismo salviniano e dei suoi epigoni nel resto del continente. Darsi una spolverata all’anima dopo che del temibile alleato/competitor hanno condiviso pressoché ogni scelta significativa, risulta evidentemente più importante del conseguente gioco al massacro che questo repentino cambio di atteggiamento annuncia per la quotidiana coabitazione a Palazzo Chigi. Dopo la serie di debacle regionali, il gioco sembra valere la candela. Con il risultato paradossale che lo scenario che si annuncia è quello di partiti alleati a Roma che si combattono in Europa.

PER LANCIARE L’OFFENSIVA si è scelto del resto un giorno ben preciso. Quello nel quale l’altro vicepremier, Matteo Salvini, a conclusione del mini-vertice dei responsabili degli Interni dei paesi del G7, incontrava a Parigi la leader dell’estrema destra francese Marine Le Pen. Appuntamento che, dopo le polemiche suscitate ieri dalla notizia che la presidente del Rassemblement National non sarà lunedì a Milano per il lancio della campagna europea della «coalizione sovranista» – per impegni pregressi – si era caricato di qualche ombra.
Un tweet inviato in mattinata dalla stessa Le Pen, «in piena forma e pronti a vincere le elezioni europee il prossimo 26 maggio», accompagnato da una foto che la ritrae sorridente accanto all’alleato italiano, cui segue, per ribadire il concetto, anche un emoticon di Braccio di ferro, ha però chiuso la porta ad ulteriori illazioni. «Nell’alleanza dell’estrema destra europea – spiegava a commento dell’incontro Le Monde – la Lega di Salvini gioca un ruolo centrale ed è a lui che guardano con sempre maggiore attenzione i suoi omologhi francesi».

L’AFFONDO DI DI MAIO arriva perciò in contemporanea con il rinnovato segnale di stabilità offerto dal fronte delle nuove destre e alla vigilia del meeting milanese che ne sancirà l’ufficiale discesa in campo unitaria. Ma se in passato è proprio alla Francia e alla famiglia Le Pen che si sarebbe potuto guardare per comprendere le parole del vicepremier dei 5 Stelle – il padre di Marine, Jean-Marie, fondatore del Front National oltre trent’anni fa è incappato in più di una condanna per le sue frasi infami sull’Olocausto, definito tra l’altro come «un dettaglio della Seconda guerra mondiale» – oggi ci si può volgere ai nuovi alleati di Salvini per trovare traccia del medesimo «filo nero».

SOLO QUALCHE MESE FA gli eletti dell’Alternative für Deutschland – proprio un eurodeputato dell’AfD sarà lunedì a Milano al fianco di Salvini – hanno abbandonato l’aula del parlamento bavarese durante la commemorazione dell’Olocausto. In precedenza, il responsabile del partito in Turingia, Björn Hocke, aveva definito il Memoriale della Shoah di Berlino come «il monumento della vergogna». Dotati di così poco appeal, per non dire decisamente infrequentabili, prima della probabile nuova alleanza con Salvini, a Bruxelles gli eletti dell’AfD sono però transitati nello stesso gruppo dei 5 Stelle.