Forse qualcuno dei suoi dovrebbe raccontare a Luigi Di Maio che cosa è accaduto al Movimento 5Stelle in questi mesi di governo, perché mostra pervicacemente di non averlo capito. Chi, all’interno di quello schieramento, possiede un minimo di coraggio e di autorevolezza, dovrebbe sommessamente suggerirgli che se lui ha qualche interesse alla sopravvivenza del Movimento (degli interessi del Paese non ci azzardiamo a pensarlo), ha una sola scelta possibile: farsi da parte. Di Maio incarna nella sua persona tutti gli errori ormai irreparabili di quel gruppo.

Il capo politico dei pentastellati ha cercato di realizzare un minimo di programma di sinistra con l’istituzione del reddito di cittadinanza e ha costruito un garbuglio votato all’insuccesso. In coerenza con l’ambiguità originaria dei 5Stelle ha poi di fatto seguito Salvini nella feroce politica antimigratoria, e ancora ieri ha difeso il famigerato Memorandum con La Libia. Ha mandato rapidamente alle ortiche tutti i tratti di radicalità del suo programma ambientalista: noTriv, no Tav,ecc.

Nella sostanza ha finito con l’incarnare una politica di destra ottenendo due risultati convergenti: ha perso progressivamente l’elettorato di sinistra fuggito dal Pd e deluso anche dalle formazioni della sinistra radicale, e con pari velocità è stato abbandonato dall’elettorato di destra. Evidentemente Salvini si mostrava più persuasivo di lui nel perseguire la stessa politica. E’ ormai una regola consolidata quella secondo cui l’elettore alla fine sceglie il protagonista e non l’imitatore.

Il risultato elettorale in Umbria non ha quasi niente a che fare con le vicende di quella regione, è semplicemente il prosieguo e il compimento di una tendenza in atto che riguarda il consenso di questa formazione in tutto il Paese.

Dunque, il Di Maio che usa toni ricattatori nei confronti dell’alleato di governo è un leader disperato che spara con una scacciacani. Magari vuole andare di nuovo con Salvini, prostrarsi ai piedi del leader della Lega e dare ai suoi un ulteriore spettacolo di trasformo.

La destra è ormai un albergo al completo e davvero non si capisce quale posto potrebbe occupare il M5S. Quest’ultimo in realtà, che possiede un gruppo parlamentare sproporzionato rispetto al consenso reale di cui ormai gode tra i cittadini, ha un’unica strada: riprendere la progettualità di sinistra che pure era presente al suo interno, e trascinare su questa via il suo titubante alleato di governo. Il popolo di destra italiano è ormai pienamente rappresentato in tutte le sue sfaccettature da Salvini fino a Berlusconi.

Viceversa è quello ancora ampio e disperso della sinistra ad essere così debolmente e scarsamente rappresentato. Non sa fare calcoli così elementari il nostro ceto politico, che sa così poco dei problemi del paese, ma è espertissimo di dinamiche elettorali? Nessuno tra i 5Stelle riesce a dire a Di Maio che questa è l’unica prospettiva di salvezza del movimento e che non può certamente essere più lui a guidare questa nuova stagione?

Anche l’ipotesi fantasiosa di un ritorno all’opposizione non può certo essere affidata alla sua faccia. Ma quest’ultima trovata, di un partito fallito che vuole organizzare la protesta nel paese, ci costringe a ricordare a tutto il ceto politico democratico che cosa verosimilmente accadrà se questa destra arriva al governo con la sua forza attuale. Non ci sarà angolo della società italiana, dalla televisione alle banche, dall’università alla scuola, dalla magistratura alla pubblica amministrazione, che non sarà infiltrata da questa moltitudine di predoni. E gli italiani non sperimenteranno un nuovo governo, ma, molto probabilmente, un nuovo tipo di società.