Battuti sul terreno dell’onestà? Dal Movimento 5 Stelle non ci pensano proprio, dicono che la bufera sulle mancate restituzioni di quote di stipendio dei parlamentari si ritorcerà contro gli altri partiti. Al tempo stesso, però, ci tengono a mostrarsi inflessibili. Ecco perché, alla fine dei 22 mila chilometri di giro d’Italia che hanno caratterizzato la prima fase della sua campagna elettorale, Luigi Di Maio si è precipitato a Roma a mostrare le sue credenziali allo sportello della banca di Montecitorio. A fine giornata, dal M5S arriva un dispaccio che certifica i nomi dei primi cinque parlamentari responsabili di essere venuti meno ai versamenti. «Stiamo procedendo con i controlli per mettere fuori dalla porta quelli che non hanno donato tutto quello che avrebbero dovuto. Ad ora sono emerse irregolarità da parte di queste persone: Andrea Cecconi, Carlo Martelli, Maurizio Buccarella, Ivan Della Valle, Emanuele Cozzolino». Tutti e cinque sono candidati e tutti e cinque probabilmente verranno eletti. I primi due ormai sono noti, è attorno a loro che è scoppiato il caso e hanno fatto perdere le tracce, cancellando anche il profilo Facebook. Di Buccarella, invece, si è parlato quasi da subito: il servizio delle Iene che sollevava la questione si chiudeva col volto del senatore accanto a Di Maio. I nomi di Della Valle e Cozzolino, candidati rispettivamente nel listino proporzionale piemontese e nell’uninominale del collegio del Polesine, risulterebbero invece dalle verifiche delle ultime ore.

«Senz’altro li cacciamo, non entreranno nel gruppo in parlamento», garantisce Di Maio. I grillini parlano di fantomatici «moduli di rinuncia al seggio». Ma non è affatto detto che i cinque decadranno una volta eletti. Buccarella aveva annunciato qualche ora prima la sua posizione: «Mi considero intanto autosospeso per tutelare anche la mia serenità personale e familiare. Non me ne vogliano i colleghi, attivisti e candidati con i quali fino ad oggi mi sono impegnato nella campagna elettorale, continuo a sostenerli idealmente e cercherò di dare una mano comunque, finché mi sarà permesso». Che non siano giornate facili, lo si capisce soprattutto dalle indiscrezioni che colpiscono altri nomi, anch’essi come Cecconi e Martelli di primo piano nel M5S. Colpito da illazioni, Danilo Toninelli si difende: «È tutto regolare» e mostra i rendiconti dei bonifici, annunciando querele. Il siciliano Mario Giarrusso, rimasto agli annali della scorsa legislatura dopo aver invocato la pena di morte, questa volta chiede prudenza e giustifica alcune incongruenze sulle date dei suoi bonifici tirando fuori problemi con «quello scellerato dell’impiegato di banca, avrà fatto bisboccia la sera prima». Barbara Lezzi ammette di aver saltato un bonifico, ma dai vertici grillini la scagionano: «Non c’è dolo». Roberta Lombardi, deputata uscente e aspirante presidente della Regione Lazio, giura che tutto è in regola e che le manca soltanto il versamento dello scorso mese di dicembre, perché non ha avuto tempo di approntare la rendicontazione.

Mentre Di Maio mostra i suoi bonifici, sul sito della versione italiana di Wired compaiono alcuni dati che mostrano che mettono in evidenza la relazione tra richiesta di rimborsi e restituzioni e riassumono l’inclinazione a trattenere via via il più possibile. Grazie ad un codice, in pratica, si è riusciti ad estrarre i dati di tutti i parlamentari grillini. «Da inizio legislatura ad oggi la tendenza è quella di ridurre gli importi restituiti ogni mese – sintetizza Wired presentando le tabelle – E di aumentare invece quelli delle spese per le quali si chiede il rimborso».

Dettaglio finale di una giornata convulsa: se ne va dal consesso che unisce M5S e lo Ukip di Farage al parlamento europeo David Borrelli, considerato fino a poco tempo fa vicinissimo a Davide Casaleggio (è uno dei tre membri dell’associazione Rousseau) e artefice dello sfortunato tentativo di passare al gruppo dei liberali dell’Alde. Ufficialmente, tutto è avvenuto per «motivi di salute». Ma trattandosi di fuoriuscita dal gruppo e non di dimissioni vere e proprie, c’è da sospettare che si tratti di uno smottamento prima del voto. «Prendiamo atto che Borrelli non fa più parte del M5S», confermano freddamente i suoi ex colleghi da Bruxelles.