Sei mesi per arrivare al governo del paese. La corsa del Movimento 5 Stelle riprende dal forum di Cernobbio, un tempo considerato crocevia di poteri forti e trame poco chiare, ma ormai da qualche tempo (da quando vi partecipò Gianroberto Casaleggio) vetrina elettorale. Qui ieri si è presentato, con un giorno di anticipo rispetto al previsto, Luigi Di Maio. Il vicepresidente della Camera si muove tra incontri pubblici e salotti riservati, tra uomini d’impresa e dirigenti europei, tutto preso a rafforzare la sua immagine di uomo di governo, lontano dagli scenari apocalittici di Casaleggio. Ben lungi dall’evocare la fine della rappresentanza a favore della democrazia diretta telematica pronuncia parole che paiono uscite da una tribuna elettorale di qualche tempo fa: «Credo nel primato della politica». Quanto alle critiche, anche da dentro il M5S, sulla sua partecipazione all’evento, spiega: «Una forza come il Movimento 5 Stelle, che si candida a governare il paese, deve parlare con tutti, raccontando la propria idea di governo».

Parla da leader, Di Maio, e da candidato premier. Al punto da dimenticarsi le promesse sul programma elettorale scritto dal basso (cioè approvato dagli iscritti alla piattaforma Rousseau) e presentarsi come il detentore della ricetta di governo: «Tenevo molto a raccontare cosa significa per noi governare un paese in un momento come questo, le nostre idee e tutto quello che abbiamo messo nel nostro programma». A venti giorni dall’annunciata presentazione ufficiale dell’aspirante presidente del consiglio grillino, la modalità di voto e i candidati sono ancora avvolti nel mistero. Ciò nonostante, Di Maio si spinge a promettere: «Presenteremo una squadra di governo prima delle elezioni politiche, è un fatto inedito». «Si sente lo sfidante di Matteo Renzi?», chiedono i cronisti. Di Maio annuncia anche il nuovo miracolo italiano: «L’unico nostro obiettivo è dare a questo paese quello che merita, un governo e una forza, una energia per poter arrivare in cima ai paesi sviluppati». Eppure, Danilo Toninelli ripete il mantra del partito senza correnti e del leader come puro portavoce della volontà generale: «Non possono esserci scontri tra di noi e non ha senso parlare di correnti. Perché chiunque andrà al governo applicherà il programma quasi completamente votato in questi mesi. Ci sarà una squadra che deve rispettare un programma che non è frutto di compromessi: se al governo va Fico, Di Maio, Toninelli o Pinco Pallino non cambiano le cose, cambierà la faccia dell’interlocutore».

Nonostante la mobilitazione emotiva permanente dei grillini, questa volta si sa che le prossime settimane saranno decisive e che il passo di corsa necessita di un’ulteriore colpo di reni. Alla Casaleggio associati sono convinti di un’ulteriore caratteristica della lunga rincorsa elettorale. Da una parte c’è la rincorsa dei renziani ad alcuni temi forti dei 5 Stelle, come nel caso del Reddito di inclusione o del codice contro le Ong. Dall’altra, è indiscutibile che Virginia Raggi e Chiara Appendino sulle questioni chiave del bilancio e dell’accoglienza ai migranti stiano dando prova di real politik e dialogo coi massimi vertici istituzionali, più che di rottura. Senza dimenticare che l’attivismo berlusconiano rischia di erodere un pezzo dei consensi che dal centrodestra erano franati sul Movimento 5 Stelle quasi per inerzia. Questo significa, sostengono gli strateghi grillini, che le prossime elezioni non si giocheranno sui contenuti ma sul metodo e lo stile della comunicazione. «Non ci si distinguerà tanto per le proposte programmatiche, piuttosto faranno la differenza la fiducia e il senso di novità che riusciremo a infondere», è più o meno il ragionamento. La parola d’ordine è «credibilità». Dunque, meno spazio alle campagne contro i vaccini o alle proposte controverse su Europa e decrescita, tutte cose che rimangono sullo sfondo nel solito gioco della sommatoria di nicchie di audience che la comunicazione in rete consente. È quello che Di Maio va ripetendo da settimane, anche nelle piazze siciliane usate come trampolino di lancio verso il voto nazionale: «La credibilità di chi non l’ha fatto negli ultimi venti anni di governo, di chi non ha mantenuto promesse, è quella che è».