«Arrivò una berlina, si aprì lo sportello, non scese nessuno: era lo sfidante di Di Maio»: potrebbe cominciare così, parafrasando l’illustre sferzata di Fortebraccio al socialdemocratico Cariglia, la cronaca della giornata che avvicina ulteriormente il Movimento 5 Stelle alla nomina del suo leader politico.

Alle 12, momento del termine ultimo per presentare la propria candidatura a presidente del consiglio fissato dalla convocazione-lampo per le primarie online del Movimento 5 Stelle, l’unico aspirante premier pareva essere Luigi Di Maio.

Quella che da mesi veniva percepita come una corsa solitaria si è materializzata nel giro di qualche giorno, con la decisione di non competere di Roberto Fico e la prevista rinuncia di Alessandro Di Battista, considerato l’unico tra i frontman pentastellati in grado di contrastare il vicepresidente della Camera.

Nel pomeriggio, sul blog di Grillo sono comparsi i nomi dei sette sfidanti di Di Maio, tutti eletti in consigli circoscrizionali e municipali per il M5S, dunque poco noti al di là del loro territorio di appartenenza, tranne la senatrice Elena Fattori, che però solo poche ore prima dell’annuncio della sua candidatura aveva espresso su Facebook parole d’apprezzamento per il vicepresidente della camera. Dall’account del M5S invece dicono che la lista conferma il loro scopo: «Dare l’opportunità a chiunque di farsi Stato».

LA GARA CHE AVREBBE potuto trasformarsi nel primo confronto pubblico tra grillini nella storia del M5S su valori, progetti e strade da percorrere diventa un plebiscito. In un soggetto politico che non è abituato a discutere in pubblico, per paura di prestare il fianco alla polemica politica o per le note difficoltà che hanno i vertici verso il dissenso, l’opposizione interna che schematicamente viene attribuita a Fico e ai cosiddetti «ortodossi» ha imbracciato l’unica arma possibile per esprimere la sua critica verso Di Maio e verso l’unificazione delle figure del candidato a Palazzo Chigi e del «capo politico» del Movimento: la sottrazione. Non iscriversi alla competizione per privare il vincitore designato di autorevolezza: questa pare essere la ricetta di chi non vede di buon occhio la scalata di Di Maio.

[do action=”quote” autore=”Alessandro Di Battista”]Ho deciso di non candidarmi a premier. Le ragioni le spiegherò durante il mio intervento sabato prossimo a Rimini.[/do]

Per di più, questa legge elettorale rende difficile che il M5S abbia davvero i voti per portare il suo uomo a Palazzo Chigi. La logica intimamente maggioritaria e presidenzialista del M5S pare ignorarlo, ma all’interno del partito liquido grillino guardano più alla conferma delle candidature alla camera e al senato che al «candidato premier». Per questo è opinione diffusa che convenga non esporsi.

Ma che qualcosa non funziona se n’è accorto anche Beppe Grillo. Ieri era a Roma, al solito albergo che affaccia sui Fori, per incontrare i suoi, sventare polemiche e magari trovare qualche candidato che faccia da sparring partner. Anche se per tutto il pomeriggio si è dedicato a quello che gli riesce da sempre: prendersi la scena e giocare da mattatore. Come quando ha gettato un lenzuolo annodato dalla finestra della sua stanza, per simulare un’evasione dall’accerchiamento dei giornalisti.

 

19 PRIMA DI MAIO LAPRESSE 62

 

DI MAIO AVEVA ANNUNCIATO l’accettazione della candidatura sabato scorso. Ieri ha rimandato ogni commento a urne virtuali chiuse: parlerà alla convention nazionale Italia a 5 Stelle che si terrà da venerdì a domenica prossimi a Rimini e all’interno della quale verrà proclamato il vincitore della consultazione digitale.

«Della questione della candidatura a premier parlo solo a Italia 5 Stelle, per ora sono impegnato in Sicilia per sostenere Giancarlo Cancelleri a governatore. Dobbiamo vincere in questa Regione e come primo atto dobbiamo tagliare vitalizi e stipendi. Di tutto il resto parlerò sabato a Italia 5 Stelle. Parleremo tutti lì».

Lo stesso dice Alessandro Di Battista: «Ho deciso di non candidarmi. Le ragioni le spiegherò durante il mio intervento sabato prossimo a Rimini».

ROBERTA LOMBARDI, che invece punta alla Regione Lazio, non pare preoccupata dalla carenza di concorrenti: «L’importante è che ci siano delle persone che si mettono a disposizione per il progetto. Che siano uno o di più non è importante». Poi, richiesta circa la sua preferenza, si tira indietro: «Io non posso influenzare il voto».