«Chiunque sia uscito dal Movimento 5 Stelle è sparito». Così Luigi Di Maio a Bruno Vespa, che fornisce anticipazione del consueto libro natalizio. Dunque, ancora una volta un avvetimento rivolto all’interno del M5S. Un messaggio del «capo politico» rivolto a quelli che cominciano a seminare dubbi sulla strada intrapresa, a partire dall’alleanza con la Lega. Per adesso si espongono in pochi, ma i venti di guerra sul reddito di cittadinanza e legge anticorruzione non sono un bel segnale. Di Maio teme che il consenso attorno ai dissidenti potrebbe allargarsi, se le cose dovessero cominciare a mettersi male. In effetti la tolda della corazzata grillina che attraversa mari in tempesta comincia a dare qualche scricchiolio. Rappresentato soprattutto dai quattro-cinque senatori che stanno mettendo in discussione la linea ultra-securitaria del decreto Salvini e che pongono eccezioni in nome della Costituzione, un riferimento che nel M5S non dovrebbe passare inosservato.

La riprova arriva dalle dichiarazioni rese ieri dal capitano Gregorio De Falco, uno dei senatori decisi a modificare il dl sicurezza. «Se, come mi auguro non verrà posta la fiducia chiederò di sottoscrivere alcuni emendamenti presentati da altre forze politiche di cui condivido il contenuto: da Leu al Pd fino a Fi. E se questi emendamenti verranno bocciati chiederò di fare una dichiarazione di voto in dissenso al gruppo», avverte. In particolare De Falco – che con la collega paola Nugnes ha firmato gli emendamenti della senatrice di LeU Loredana De Petris – sarebbe intenzionato a votare un emendamento di Fi soppressivo dell’articolo che prevede il superamento degli Sprar e alcuni emendamenti presentati, oltre che dalla De Petris, da Francesco Verducci del Pd.

Di Maio prova a blindare tutto in nome della fedeltà al «contratto di governo»: «Certe effervescenze si potevano consentire quando eravamo all’opposizione, ormai siamo al governo», afferma. «L’importante è che al momento del voto si rispetti l’opinione della maggioranza. Abbiamo fatto quel contratto proprio per non aprire un dibattito su ogni singolo tema», dice ancora a Vespa.

Il ragionamento però. non sembra tenere, almeno per Di Falco che al capo politico del M5S risponde per le rime: «Ci buttano fuori? Quando Di Maio dice o con me o fuori afferma un’idea padronale di un Movimento in cui oggi sembra venire meno la dialettica e la capacità di ascolto e risposta. E dovrebbe ricordare che anche lui è a termine».

Dura anche la senatrice Paola Nugnes, anche lei contraria al dl: «Vespa è esattamente il presentatore televisivo da cui noi avevamo promesso di non andare – dice – Non trovo carino dire che chi si è fatto fuori dal M5S è scomparso. Sarà scomparso all’orizzonte visivo di Di Maio ma non è detto che non operi o lavori per portare avanti ideali sociali e politici importanti. Un po’ di rispetto gioverebbe a tutti». Non le manda a dire neanche Elena Fattori, altra senatrice critica: «La maggioranza del gruppo parlamentare non si è mai confrontata sul decreto sicurezza né sulle possibili modifiche da apportare in parlamento – spiega Fattori – Ogni richiesta di dibattito è stata stroncata sul nascere dicendo che l’impianto» del dl sicurezza «non era modificabile prima ancora che arrivasse in commissione. Sarebbe stato bello potere rispettare l’opinione della maggioranza ma in questo caso non c’è stata. Speriamo in un maggior rispetto del gruppo parlamentare e delle regole nei prossimi provvedimenti».

Altri scricchiolii arrivano dai territori. La consigliera regionale veneta Patrizia Bartelle ha partecipato qualche giorno fa a Salzano, in provincia di Venezia, all’assemblea regionale di attivisti del M5S. C’erano decine di persone, quasi un centinaio. «Hanno espresso una forte contrarietà al rapporto con la Lega – riferisce Bartelle – Si sarebbe dovuto mantenere fede con coerenza alla propria identità. Preoccupa la mancanza di dibattito democratico all’interno, che sta spopolando i gruppi di attivisti».