«Stiamo lavorando a una coalizione progressista e anche in Europa, nel parlamento europeo, dobbiamo guardare a quell’area, aderendo all’S&D», dice Luigi Di Maio al Mattino. La dichiarazione in sé non dovrebbe stupire: da mesi ormai i grillini fanno sapere senza tanti giri di parole di voler collocare stabilmente il Movimento 5 Stelle nel campo del centrosinistra. Però da tempo dalle stanze del M5S in Europa dicevano chiaramente che i tempi stavano maturando ma che l’annuncio dell’ingresso nel gruppo de Socialisti e Democratici lo avrebbe potuto dare soltanto Giuseppe Conte. Come a dire: spetta a lui adesso in quanto leader dover aprire questa fase.

LA DIFFERENZA è sottile, perché è vero che Di Maio ha soltanto formulato un auspicio e non ha ancora comunicato l’ingresso ufficiale nelle file socialdemocratiche. Però la sua esternazione conferma che Conte ancora una volta si trova a dover rincorrere: il ministro degli esteri apre fronti e prospetta scenari, lo fa anche su un tema così decisivo come l’adesione del nuovo M5S al gruppo di una delle famiglie politiche europee. Il leader ha appena finito di dirimere la questione della presidenza del gruppo al Senato, convincendo il suo candidato Ettore Licheri a cedere il passo di fronte alla sfidante Mariolina Castellone per evitare divisioni eccessive.

ALLO STESSO MODO, è impossibile non notare l’attivismo di Di Maio sul fronte della partita del Quirinale. Laddove Conte ha espressamente dichiarato che questa volta il M5S deve essere appieno nelle trattative e che non si può trincerare dietro un nome unilateralmente votato online dagli iscritti, Di Maio tesse la sua rete. E avrebbe addirittura prospettato con il leghista inquieto Giancarlo Giorgetti la possibilità che Lega e M5S sostengano Giuliano Amato alla presidenza della repubblica. Nonostante negli anni scorsi (ma era davvero un’altra era geologica) i grillini lo avessero attaccato per il cumulo di benefit e pensioni, l’ex presidente del consiglio e vicepresidente della Corte costituzionale ha due requisiti che in questa contingenza rappresenterebbero una garanzia per i 5 Stelle: è conosciuto e stimato dai socialisti europei, e dunque sarebbe il prezzo da pagare per essere ammessi nel gruppo Ue, e ha ottimi rapporti con Mario Draghi, il che significa che l’ex presidente Bce resterebbe al suo posto e la prosecuzione della legislatura sarebbe assicurata.

UNO DEI VICE di Conte, seppure ancora in attesa di ratifica dagli iscritti, come Michele Gubitosa ieri ha dovuto ricordare che secondo lo statuto approvato all’inizio del nuovo corso non sono previste fazioni e minoranze organizzate. «Nel M5S non c’è spazio per le correnti – dice Gubitosa – E neppure per i personalismi. Il leader è Conte votato dal 93% degli iscritti che si sono pronunciati. Oggi chiunque provi a minare questo progetto va contro la volontà degli iscritti e certo compromette le prospettive di crescita del M5S. Pensare a un’alternativa a Conte è una stupidaggine e un suicidio politico». Nessuno ha intenzione di farlo, questo è certo. Lo stesso Di Maio, peraltro, è ben lungi dal controllare in maniera diretta la maggioranza dei parlamentari, tanto che ancora nelle settimane è capitato che il direttivo della Camera (dove si suppone che i dimaiani siano più forti) abbia rigettato alcune sue richieste relative all’ordine degli interventi e ai temi da sottoporre al question time. «Si parla di tregua quando c’è una guerra – dice il ministro delle politiche agricole (e senatore) Stefano Patuanelli a proposito della disfida di Palazzo Madama – Non ho visto nessuna guerra ma due persone che hanno proposto due progetti e un gruppo parlamentare che ha dimostrato grande maturità, mostrando la forza per lavorare unito. L’importante è parlarsi, confrontarsi e, in qualche caso anche le sfide, fanno bene al gruppo, che è maturo e formato da persone di qualità». Come dire: la situazione è di nuovo caotica, difficile da decifrare se si immaginano schemi binari maggioranza-minoranza. Ciò non elimina il problema dell’organizzazione delle truppe parlamentari, decisivo per chiunque si consideri leader o voglia dettare le prossime mosse.