Di lavoro in Italia si muore. Sempre di più. Solo nei primi 10 mesi del 2018 le denunce presentate per infortuni sul lavoro sono state 534mila; stando ai dati pubblicati oggi dall’Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro). Rispetto al 2017 si registra quindi un aumento dello 0,2 % delle denunce; una percentuale traducibile anche in un numero preciso di vittime: rispetto allo scorso anno sono morte ben 945 persone in più.

Quasi un migliaio di lavoratori ha perso la vita a causa di incidenti sul lavoro e di questi uno su due ha un’età compresa tra i 54 e i 64 anni. Questo dato è il sintomo del fatto che l’aumento dell’età pensionabile, in molti casi può comportare un aumento del rischio di incidenti sul lavoro. Solo per citarne alcuni recenti: una settimana fa a Ferrara moriva un operaio di 68 anni schiacciato da un braccio meccanico, mentre a Casal Bruciato (Roma) 23 novembre è deceduto un operaio kosovaro di 53 anni, rimasto incastrato con il corpo fra la piattaforma aerea sulla quale stava lavorando e il balcone dell’edificio che stava ristrutturando; volendo continuare, la lista sarebbe ancora lunga.

L’aumento delle vittime coinvolge tutta la penisola: al Nord sono 68 i nuovi casi registrati, mentre al Sud si passa dalle 188 vittime del 2017 alle 203 di questo anno; fa eccezione il Centro, dove invece si è registrata una lieve diminuzione. Il triste primato lo detiene la regione Veneto con ben 25 casi in più di infortunio mortale, seguita dai 20 del Piemonte e dai 19 di Lombardia e Calabria.

Nicola Fratoianni, Sinistra Italiana, parla di una «guerra» in cui gli assassini sono «la precarietà, la mancanza di controlli e misure di sicurezza e per finire l’assenza di investimenti». Secondo il leader di Si la politica sarebbe invece «sempre troppo occupata da altro».

Mentre alla Camera è stato approvato il decreto sicurezza, infatti, queste morti ricordano a tutti gli schieramenti politici di quale sicurezza ci sia davvero bisogno. Tra le vittime di infortuni mortali sul lavoro ci sono anche molti giovani; la così detta generazione della flessibilità è infatti spesso disposta a lavorare in condizioni di precarietà e di incertezza, pur di portare a casa un piccolo stipendio.

A confermarlo è Franco Bettoni, presidente dell’Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro): «Quello che ci colpisce – sottolinea – è che la crescita delle morti sul lavoro ha riguardato in particolare i lavoratori under 34 (da 147 a 171 casi) e gli over 65 (da 65 a 71 casi) dimostrando che a pagare i costi umani più pesanti sono ancora i lavoratori più giovani, vittime innocenti di un sistema lavoro sempre più precario ed insicuro, e gli anziani che, dopo lunghi decenni di lavori pesanti ed usuranti, vedono ancora lontano il sospirato traguardo di una serena pensione, sebbene non possano più confidare su una prestanza fisica adeguata a certi ambiti lavorativi».

Il dato della regione Veneto poi mostra come anche nelle zone più industrializzate d’Italia la sicurezza non sia sempre una prerogativa e in proposito Christian Ferrari, segretario della CGIL Veneto, si dichiara estremamente preoccupato: «Il Veneto è la regione dove si registra il maggior incremento di incidenti mortali sul lavoro rispetto all’anno precedente. Nei primi 10 mesi del 2018 in regione sono state presentate all’Istituto 100 denunce di morti sul lavoro contro le 75 del 2017, con una crescita del 25%, assai più che a livello nazionale, dove il pur consistente incremento si attesta al 9,4%». Per questa ragione il sindacalista si impegna a mantenere come priorità “la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, fino a quando non sarà cancellata definitivamente la vergogna di essere la prima Regione italiana per morti sul lavoro».