Flavio Di Giacomo è portavoce per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Dopo i recenti naufragi ha criticato le autorità europee per l’assenza di soccorsi. «Bisogna evitare che le persone anneghino o siano riportate in Libia», dice al manifesto.

Negli ultimi 10 giorni sono morte 140 persone in fuga dalla Libia. Lei ha parlato di un «sistema di pattugliamento in mare insufficiente». Che significa?

La situazione è completamente cambiata rispetto a pochi anni fa. Non solo a Mare Nostrum, ma anche al 2015/6 quando c’era l’operazione Triton e i soccorsi di Guardia costiera, Guardia di finanza, marina militare e molte Ong. Oggi ci vogliono ore, a volte più di un giorno, prima che qualcuno risponda agli Sos. È inaccettabile: le imbarcazioni dei migranti possono affondare in ogni momento, ritardare i soccorsi significa mettere in pericolo vite umane. Il sistema non funziona soprattutto nelle acque internazionali davanti alla Libia, che è dove avvengono la maggior parte dei naufragi. Senza Ong, o con una loro presenza ridotta, è evidente che servono navi statali.

Domenica scorsa 97 persone in pericolo in acque internazionali hanno chiesto aiuto. La Guardia costiera italiana ha coordinato l’invio di due navi che si trovavano nelle vicinanze. Queste invece di operare il soccorso hanno atteso l’arrivo della «guardia costiera» libica, che ha riportato indietro i migranti. È legale?

Non posso dare un giudizio legale perché mancano troppi elementi. Andrebbero capiti i rapporti effettivamente intercorsi e chi ha avuto il comando delle operazioni. È comunque molto grave che due navi vicine a un barcone che può affondare non intervengano, ma attendano per ore l’arrivo dei libici, che poi sbarcano le persone in un porto non sicuro. I soccorsi vanno sempre fatti il prima possibile.

Nel 2021 quasi 7.000 migranti sono stati riportati a Tripoli con la forza. Sono stati salvati o intercettati?

Quando nel 2017 è stata creata la guardia costiera libica abbiamo sostenuto l’esigenza di un corpo che intervenisse nelle acque territoriali, dove le navi internazionali non arrivano. Ma ci sarebbe dovuto essere anche il miglioramento delle condizioni dei migranti a terra, cosa mai avvenuta. E comunque la guardia costiera libica interviene su segnalazioni, spesso in acque internazionali, dove altre navi potrebbero soccorrere i naufraghi con maggiore rapidità ed efficacia. Quindi nella maggior parte dei casi si tratta di intercettazioni.

La Libia non è un porto sicuro. La sua «guardia costiera» a volte non risponde agli Sos. Altre picchia i migranti, come documentato venerdì da Sea-Watch. La Sar di Tripoli esiste davvero o è una finzione?

È una contraddizione. L’Organizzazione marittima internazionale (Imo) ha creato una zona Sar, accettata dagli Stati contigui, che istituisce un onere di salvare vite, non un diritto esclusivo di intervento. Sono acque internazionali, non libiche. Ma una zona Sar richiede anche un porto sicuro di sbarco e la Libia non lo è. Perciò è una contraddizione dal punto di vista del diritto internazionale.

Da maggio 2020 le autorità italiane hanno disposto otto fermi amministrativi di navi Ong. Che ne pensa?

Bisogna garantire la sicurezza delle navi, anche di quelle Ong. Ma si deve anche avere buon senso. Le richieste amministrative non possono essere eccessive o troppo burocratiche, altrimenti si può pensare che abbiano il fine di bloccare la navigazione. Le Ong devono poter soccorrere.

Non sono un pull factor?

Il pull factor non esiste. È stato dimostrato già dopo la fine di Mare Nostrum, quando le partenze sono aumentate (insieme ai morti). Vale anche per le Ong. Esistono invece i push factor: i migranti partono spinti dalle violenze, dalle violazioni dei diritti umani, non attirati dalle navi di soccorso.

Gli sbarchi stanno aumentando. C’è un’emergenza?

Non c’è alcuna emergenza in termini numerici, va detto chiaramente. Tra il 2014 e il 2017 a maggio-giugno eravamo sui 70-90mila arrivi via mare. E già allora non era un’emergenza perché rappresentavano una piccola percentuale rispetto alla popolazione italiana. I 10.107 arrivi registrati ieri sono un numero residuale. La vera emergenza è umanitaria: troppe persone annegano o sono riportate in Libia.

Cosa chiedete all’Ue?

Un sistema di pattugliamento efficiente, sbarchi sicuri, chiarezza sui ricollocamenti interni. Ma prima di tutto di rafforzare la presenza di navi europee per ridurre il numero di chi viene riportato nell’inferno libico. Come Oim e Unhcr siamo in Libia e cerchiamo di alleviare le sofferenze, ma non abbiamo alcuna possibilità di garantire i diritti umani.