La parola chiave per la serata alla Cavea (Parco della Musica) dell’11 settembre potrebbe essere “reunion”, vista l’attesa rimpatriata sia di membri dell’Orchestre Nationale du Jazz (edizione guidata da Paolo Damiani, 2000-‘02) sia del funambolico trio PAF, con Paolo Fresu, Antonello Salis e Furio Di Castri. Vada per il termine, ma lo spirito con cui i musicisti hanno affrontato i rispettivi recital non era proprio “retrotopico”: l’ONJ ha presentato fiammanti composizioni nuove, talune scritte per l’occasione (come “Dio è vaccinato, effetti secondari” dello straordinario trombettista-vocalist-performer Médéric Colligon) e nel suo organico – oltre a figure storiche del jazz francese ed ex-direttori della ONJ, quali François Jeanneau ed Olivier Benoit – c’era la nuova linfa della violinista Anaïs Drago e del trombonista Filippo Vignato. Da alcuni anni in continua crescita, la giovane artista italiana (premio “Taste of Jazz 2020”) si è inserita a meraviglia nel composito organico, tra la sezione ance e il contrabbasso del leader. Vignato è ormai un jazzista affermato ed ha partecipato anche al recital finale della Residenza d’Artista 2021 (protagonista il gruppo Ground ’71, nell’ambito del XXIV festival italo-francese “Una striscia di terra feconda”, di cui l’esibizione dell’ONJ ha costituito un festoso epilogo).

PAF – che ha animato la seconda parte della serata di fronte ad un pubblico numeroso e motivato – ha giocato le sue carte con un’interazione adrenalinica e rinnovata tra l’estro di un Salis come sempre carico e scatenato (piano, fisarmonica, percussioni varie), un Fresu oscillante tra la pienezza del flicorno ed il lirismo della tromba, spesso sordinata, con qualche tocco di elettronica e brevi momenti percussivi. Ma dove andrebbero i due fantasisti senza il loro pivot, il contrabbasso sicuro e swingante di Furio Di Castri, vero asse portante del trio, oggi come negli anni novanta e duemila (ultimo album “Morph”, Label Bleu 2004). I “20 ans après” dell’ONJ sono stati celebrati da jazzisti-compositori, nella serata, come il batterista Chistophe Marguet, il contrabbassista e leader Paolo Damiani, i trombettisti Alain Vankenhove e Colligon, il chitarrista Benoit, i sassofonisti Jeanneau (primo direttore della ONJ) e Javier Girotto, senza dimenticare l’apporto basilare di Rosario Giuliani (sax alto) e Didier Havet (sousaphone), oltre ai citati Drago e Vignato. Nella sua coloratissima e tensiva esibizione, PAF non ha mancato di suonare brani del proprio repertorio, tra Next stop, Suenos, Another road to Timbuktu, riservandosi per il finale la ballad anomala Lester e la zampillante e gioiosa Paparazzi. Una festa di suoni.