Sono i tempi immediatamente successivi all’acquisto della Louisiana: agli americani si sono aperti centinaia di chilometri di nuova frontiera incontaminata a ovest del fiume Mississippi, dove scendono gli uomini delle montagne, esploratori che vivono del lucroso e pericoloso commercio delle pellicce. Tempi in cui le frecce degli indiani sembrano piovere dal cielo sull’uomo bianco, alieno in un territorio che non conosce ma che è fermamente determinato a sfruttare.

Eroe a metà fra i due mondi, quello indiano e quello degli yankee, Hugh Glass è un trapper – cacciatore di pellicce – una figura realmente esistita che sopravvisse all’attacco di un grizzly e di tribù indiane e venne abbandonato in fin di vita dai suoi compagni in mezzo alla wilderness. Un tipico eroe del West, anche se Alejandro Iñárritu, regista di The Revenant – redivivo, il film a lui ispirato e candidato a 12 premi Oscar (uscito ieri in Italia), sostiene: “Non penso che si tratti di un western. I film che mi hanno ispirato sono altri, come come Andrej Rublev di Tarkovskij, Dersu Uzala di Kurosawa, Aguirre e Fitzcarraldo di Herzog, Apocalypse Now di Coppola. Film epici e con una forte dimensione trascendentale. Penso che The Revenant abbia più a che fare con un viaggio fisico e spirituale, in un’epoca in cui il West ancora non esisteva”.

Hugh Glass, interpretato da Leonardo di Caprio, resta aggrappato alla vita anche dopo essere stato abbandonato e perfino dopo che uno dei suoi, Fitzgerald (Tom Hardy), gli uccide il figlio, Hawk, avuto con una donna indiana. Così percorre la lunghissima strada che lo separa dall’accampamento dei compagni, in cerca di vendetta, resistendo alla natura inclemente che è l’altra protagonista del film. “Il punto di partenza – dice infatti Iñárritu – è stato circondarmi di persone che mi aiutassero a mostrare quei luoghi come se lo spettatore fosse presente”.

The Revenant ha un aspetto quasi neorealista, da docu-fiction – aggiunge Di Caprio – è un film completamente immerso nella natura. Alejandro è riuscito a creare un paesaggio epico e allo stesso tempo a entrare in forte intimità coi personaggi, di cui quasi avvertiamo il battito del cuore”.

L’epopea di Hugh Glass, sottolinea l’attore: “E’ molto simbolica , racconta di come l’uomo riesca a sopravvivere nella natura ferina e conquistarla. Ma allo stesso tempo ci dimostra anche come non riusciamo a imparare dalla storia. L’uomo per avidità ha violato i diritti delle popolazioni indigene, le ha distrutte così come  ha offeso la natura, sfruttandone le risorse”.

Sono anni che Di Caprio è un fervente attivista ambientalista, e approfitta di ogni occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare sul riscaldamento globale: “Il 2015 è un momento di svolta: è stato sia l’anno in cui si è toccata la temperatura più alta di sempre e al contempo quello in cui, con la Conferenza di Parigi, si è deciso per la prima volta di fare qualcosa di proattivo in favore della natura”.

Con The Revenant, l’attore quarantunenne ha vinto il suo terzo Golden Globe ed è giunto alla sesta nomination all’Oscar. Dopo che nel 2013 di The Wolf of Wall Street la statuetta gli era stata soffiata da Matthew McConaughey con Dallas Buyers Club, i bookmakers lo danno finalmente come favorito.

L’apprezzamento dell’Academy mi fa tantissimo piacere, ma non è la ragione per cui faccio film”, osserva l’attore. “Spero però che tutte queste nomination a The Revenant diano agli Studios più coraggio nell’investire in progetti come questo: un lavoro rivoluzionario, un’epopea artistica su vasta scala. Film del genere non vengono finanziati molto spesso”. Per Iñárritu, la vittoria significherebbe il secondo Oscar consecutivo, dopo il trionfo di Birdman l’anno scorso. Per Di Caprio sarebbe la prima, e meritata, volta.