Luigi Di Maio da ieri si sente più sicuro. Non solo perché la trasferta milanese della carovana di mediatori ha dato i suoi frutti. Prima ancora ha ricevuto il via libera da Beppe Grillo: «Io non seguo queste cose – dice il fondatore a chi gli chiede delle trattative – Ci pensa Luigi, è un ragazzo in gamba». C’è poi il fatto inoppugnabile che in questi giorni dalla base grillina non sia emersa ancora alcuna forma di dissenso strutturato alla formazione del governo giallo-verde.

Di Maio interpreta questo silenzio come ulteriore via libera. Può essere che i tempi di elaborazione del variegato popolo pentastellato non coincidano coi ritmi serrati dettati dal Quirinale. Di sicuro la mutazione del Movimento 5 Stelle e lo svuotamento dei MeetUp ha contribuito al silenzio di questi giorni. «Molti attivisti storici, che in questi giorni sicuramente avrebbero detto la loro, si sono ritirati a vita privata», racconta un grillino romano della prima ora. Anche se alle prime indiscrezioni sulle sorti della mediazione a proposito dell’Ilva, ad esempio, la pagina Facebook di Massimo Battista, operaio del Comitato liberi e pensanti eletto in consiglio comunale a Taranto con il Movimento 5 Stelle, ospita le prime richieste di chiarimento.

La città dei due mari è solo uno dei territori caldi che aspettano un responso dal contratto di governo. In pochissimi singoli e con molta cautela, nei giorni scorsi, hanno espresso perplessità. Nonostante tutto, per i 5 Stelle questo passaggio alla politica politicante, fatta di vertici ristretti e compromessi, soprattutto caratterizzata dallo sbilanciamento verso destra, crea disagio. Carla Ruocco, ad esempio, partecipando ad un evento elettorale a San Cesareo manda un messaggio trasversale e avverte sui rischi del nuovo corso: «Non ci dimentichiamo con un colpo di spugna quello che questa gente ha fatto – dice la deputata – e soprattutto non è che noi siccome siamo M5S siamo immuni da errori». Ormai da tempo e a più riprese i vertici, non ultimo Alessandro Di Battista, cercano di far passare l’idea che la Lega, al netto delle differenze politiche, ha una base che assomiglia a quella grillina e che in fondo si tratta del soggetto politico più affine al M5S. Però è impossibile rimuovere il passato. Soltanto fino a poco tempo fa diversi esponenti di primo piano come Roberto Fico muovevano durissime critiche a Matteo Salvini.

Ecco perché i parlamentari inquieti aspettano un suo cenno. Proprio qualche giorno fa Di Maio ha detto con un pizzico di malizia che «i ruoli istituzionali restano istituzionali», quasi a neutralizzare il peso politico di Fico. Il presidente della camera mesi fa giurava che con la Lega «non ci sarà mai alcun accordo o convergenza su alcun tema».

Altri tempi, toni da campagna elettorale, si direbbe. Ma chi conosce Fico assicura che alcuni dei valori di cui il grillino è portatore sono inconciliabili con un’alleanza con la Lega, a partire dall’antirazzismo che ha manifestato in diverse occasioni, anche quando si era trattato di polemizzare con le posizioni di Di Maio. All’inaugurazione del Salone del libro di Torino Fico non ha voluto entrare nel merito della formazione del governo, limitandosi ad un sibillino: «Nella vita sono sempre ottimista».

La prima tappa della corsa all’accordo tra M5S e Lega, forse la più importante, si conclude oggi. Il gruppo che ha ragionato sui temi e scritto materialmente i punti nevralgici del contratto di governo si è lanciato in volata. Va più a rilento l’individuazione dei nomi, a partire dalla figura «terza» che verrà indicata come presidente del consiglio. Ufficialmente, dice Luigi Di Maio, di questo ancora non si parla, perché «i contenuti vengono prima delle persone». «Non sono solo contento di come stanno andando le discussioni con la Lega, ma anche perché coloro che temono per il potere che hanno gestito in malo modo per i loro interessi ci stanno attaccando», dice riducendo le critiche a posizioni strumentali. Ma il fatto che lo stesso capo politico grillino si sia rifatto avanti per palazzo Chigi, dopo il «passo di lato» che era stata una delle mosse determinanti per la riapertura delle trattative, serve in via preventiva a rassicurare i propri elettori.