«La soluzione proposta da Alessandro Di Battista non è percorribile» dice la senatrice del Movimento 5 Stelle Elena Fattori, cioè una che dentro al gruppo grillino di Palazzo Madama viene considerata praticamente una separata in casa, in una condizione non dissimile da quella in cui si trova Paola Nugnes, che due giorni fa ha varcato il Rubicone e anticipato al manifesto la sua volontà di lasciare il M5S. Ma il fatto che persino gli eletti più distanti da Luigi Di Maio non colgano l’occasione del suo scontro con Di Battista per allargare le crepe è indice di come al momento i gruppi parlamentari grillini non si sentano coinvolti da questa discussione.

«Di Battista ha successo di pubblico ma non di critica», dice un grillino. Significa che ha la sua fetta di audience ma anche che viene considerato da molti eletti un oggetto sconosciuto, un attore che disputa una partita tutta sua. Per questo Di Maio parla di «destabilizzazione»: il suo attivismo rischia di andare oltre la semplice evocazione dei valori originari, viene percepito come distruttivo verso tutto ciò che il M5S ha costruito. «Si cerchi un lavoro se pensa che per trovarlo deve cadere il governo», dice più di un parlamentare in chat. Di Battista prima ha interpretato la parte del grillino sanguigno ma leale e si è guardato bene dal chiedere di staccare la spina all’esecutivo. Poi però sono arrivate le parole considerate «destabillizzanti». Perché proprio uno come l’ex deputato, che si è costruito un immagine attorno alla figura del cittadino prestato alla politica che esce dal parlamento, ha detto esplicitamente quello che nessuno aveva finora osato dire sul vincolo del doppio mandato: «Se si tornasse a votare potremmo fare un’eccezione e ricandidare tutti». In quel momento il «capo politico» ha capito che il messaggio di Di Battista era rivolto a tutti quelli che si sentono in scadenza, vincolati a questa legislatura, per provare a ottenere nuove elezioni il prima possibile. Davide Casaleggio ha detto che se ne poteva discutere ed è stato costretto a precisare: «Parlavo solo dei consiglieri comunali».

Di Maio ha il problema del doppio mandato come tanti altri. Ma in questo momento non è la sua principale preoccupazione. Sa che la sua leadership è legata a doppio filo a due fattori separati ma connessi, due variabili che si intrecciano: la durata di questo governo e la prosecuzione della legislatura. Per questo punta ad oltrepassare i prossimi trenta giorni, in modo da allontanare la crisi e rimandare le nuove elezioni almeno fino al prossimo anno. Ha anche un’altra freccia al suo arco: la riforma costituzionale di Riccardo Fraccaro. Se davvero si dovesse arrivare ad approvarla e dimezzare il numero dei parlamentari, allora Di Battista o chiunque altro volesse tentare la scalata ai vertici del M5S dovrebbe vedersela con uno stuolo di deputati e senatori che saprebbero di avere ancora meno probabilità di essere eletti e che difficilmente accetterebbero di rischiare una crisi di governo.

Per sfatare l’immagine di Di Battista che raffigura i ministri del Movimento 5 Stelle come «burocrati chiusi nei ministeri» Di Maio ha cominciato il suo giro per l’Italia. Per la prima volta nella sua storia politica, il leader sta incontrando attivisti in incontri organizzati su scala regionale, sulla scorta di precise istruzioni che vengono inviate dai vertici ai territori e che prevedono il tipo di spazio da allestire e comunicano i punti fermi delle riunioni: ogni assemblea verrà aperta e chiusa da venti minuti di discorso del capo politico. In mezzo, il dibattito: «Nelle cinque ore di tempo a disposizione vi chiediamo di organizzarvi per far intervenire tutte le persone coinvolte (attivisti dei gruppi locali, consiglieri comunali, consiglieri regionali, parlamentari ed europarlamentari) dando la precedenza a chi ancora non ha incontrato Luigi, cioè portavoce locali e attivisti», recita il messaggio riservato che lo staff ha mandato ai responsabili di ogni regione. Di Maio cerca di arginare la «destabilizzazione» e muove le sue pedine, ai piani alti del governo e in basso, nella costruzione dell’organizzazione del Movimento 5 Stelle.