«Conosco il M5S e so bene che nel contratto di governo ci si muove, ma troppo al di là non si potrà andare»: non è proprio un ultimatum, ma le parole del presidente della camera Roberto Fico, ospite (applaudito) a Ravenna della Festa dell’Unità, suonano come l’ennesima stilettata all’alleato Matteo Salvini. Anche perché sono state seguite da un ulteriore affondo: «i profughi dovevano scendere dalla Diciotti il primo giorno».

FICO HA RIBADITO LO SPIRITO delle origini del M5S, salutando il confronto come «sale della democrazia» e marcando una differenza di stile dai suoi colleghi di partito. Le sue esternazioni cadono alla ripresa parlamentare, ma servirà ancora qualche settimana per sciogliere i nodi politici. Le tabelle del Def, dalle quali si capirà chi l’ha spuntata su deficit e come procede la convergenza parallela tra il reddito di cittadinanza grillino e la flat tax leghista, verranno divulgate solo a fine mese.

Dalle acque in apparenza placide del Movimento 5 Stelle affiorano sommovimenti. Luigi Di Maio giura da tempo che non esiste nessun problema con la componente leghista. L’intesa è tanto forte, dicono alcuni, che se la maggioranza traballasse e la Lega dovesse essere costretta a cambiare nome dalle carte bollate, i «pragmatici» di Di Maio potrebbero diventare la costola meridionale di un nuovo soggetto sovranista. Allo stato è pura fantapolitica, ma l’ardita ipotesi evidenzia come una componente tutt’altro che secondaria del M5S (e in gran parte del suo elettorato, dicono i sondaggi) subisca il fascino di Salvini.

Ecco allora che l’irruzione in videoconferenza di Alessandro Di Battista alla festa del Fatto Quotidiano rappresenta il tentativo di ribadire l’identità dei 5 Stelle senza sconfessare l’operato del governo. « Sostengo il governo con la Lega – ha detto l’ex deputato dal Guatemala – Se avessimo fatto un accordo con il Pd provvedimenti come il decreto dignità o l’abolizione dei vitalizi non ci sarebbero stati».

DI BATTISTA tornerà in campo per il voto europeo della primavera prossima? Lui nega, ma Di Maio e Salvini puntano tutto su quella scadenza. Confidano che dopo quelle elezioni cambino gli equilibri dell’Ue e muti il clima che si respira a Bruxelles attorno alla compagine grillo-leghista.

Il gruppo di eurodeputati del Movimento 5 Stelle in questi anni ha rappresentato in forma parossistica le oscillazioni della casa madre. Dalla destra no euro di Farage hanno cercato di transitare coi liberali dell’Alde. Poi, e l’ipotesi non sarebbe del tutto tramontata, hanno pensato di unirsi alle truppe che eleggerà Emanuel Macron, l’arcinemico francese. «Cercheremo di essere l’ago della bilancia», spiega Fabio Massimo Castaldo, che per il M5S è vicepresidente del parlamento europeo. Di Battista interpreta quel voto in chiave di competizione con gli alleati: in palio c’è la palma di primo partito. Sarà occasione per contarsi, ridefinire i rapporti di forza e ricalibrare i malumori presenti tra i grillini. Per il momento sono voci minoritarie. Ma in queste settimane ci sarà da scalare questioni grosse come montagne, dall’Ilva alla Tav. E la palla di neve potrebbe diventare una valanga.