Perfino il governo di Pechino è dovuto intervenire sul polverone sollevato dagli spot di Dolce&Gabbana, dalle brutali risposte di Gabbana su Instagram e dalla clamorosa contestazione che è arrivata dalla Cina, a fronte di un atteggiamento a dir poco irriverente nei confronti dei propri clienti da parte di Dolce&Gabbana, il cui fatturato, circa 1,3 miliardi di euro nel 2017, dipenderebbe per un terzo proprio dal mercato cinese.

LA STORIA SI PUÒ RIASSUMERE in questo modo: in vista di una mega sfilata che poi è stata cancellata, il noto marchio di moda italiana ha prodotto tre spot pubblicitari nei quali una ragazza cinese deve confrontarsi con pizza, pasta e cannolo siciliano armata di soli kuaizi (le bacchette). Non bastasse l’uso di questi luoghi comuni desolanti, l’audio dello spot con protagonista il cannolo siciliano è riuscito perfino a peggiorare le cose.

«È troppo grande per te» chiede la voce della pubblicità. Al razzismo bagnato dai luoghi comuni è subentrato pure un fastidioso sessismo. Insomma, soprattutto in riferimento alla supposta superiorità occidentale, in Cina è scoppiato il finimondo, tenendo presente che già nel 2017 un’altra campagna pubblicitaria del marchio italiano nella quale si descriveva una Pechino gonfia di poveri, aveva attirato critiche. Ma dopo gli spot su pizza, cannolo e pasta Dolce&Gabbana sono stati accusati di razzismo, di scarsa considerazione della popolazione cinese. Immediatamente molte delle star cinesi che avrebbero dovuto partecipare allo show hanno dato forfait e la situazione si è fatta via via più tesa.

A complicarla ancora di più ci ha pensato Stefano Gabbana su Instagram dove sono stati pubblicati i suoi messaggi privati con netizen cinesi. Spiccano risposte tremebonde (tra le quali non manca il grande classico, «Razzista io, sono i cinesi che mangiano i cani»). Gabbana si è difeso dicendo che un hacker si sarebbe impossessato del suo account: possiamo affermare che non gli ha creduto nessuno, considerando il suo score sul social network dove nel tempo ha dato sfoggio di grande capacità di insulti (come sa bene la popstar Selena Gomez).

QUANTO ACCADUTO è diventato materiale pronto ad attizzare i cinesi che ad aggressioni on line non sono secondi a nessuno, abituati da anni di flame per difendere la propria patria, ora dai giapponesi, poi dai vietnamiti, figurarsi dagli americani e ora anche da questi strambi italiani. E il governo cinese, ieri, ha dovuto occuparsi anche del «caso Dolce&Gabbana» che ha finito per superare i confini nazionali, stagliandosi su tutti i media del mondo e diventando, forse, a breve, anche un classico «case study», di quelli insegnati nei corsi di marketing nella sessione «Cosa da non fare mai al proprio target di riferimento».

«NON È UNA DOMANDA diplomatica e non lascerò che diventi una domanda diplomatica», ha detto il portavoce del ministero degli esteri cinese, Geng Shuang, a un commento alle polemiche contro il marchio italiano. «Dovreste chiedere alle persone comuni come si pongono rispetto a questa domanda», ha aggiunto, infine. Nel linguaggio della politica cinese queste affermazioni significano due cose: chiediamo che la questione non provochi rischiose escalation e un invito evidente, ovvero imparate a rispettarci altrimenti le conseguenze sono queste. Quali? Niente mega show della nota casa di moda italiana, forfait annunciato da star e mondo sfavillante cinese, insulti di vario tipo a Dolce&Gabbana, all’Italia, alla pizza e compagnia cantante.

Un giro d’affari micidiale, considerando soprattutto le stime che vengono fatte per il futuro, che rischia di crollare con un click. Ieri, infine, i prodotti Dolce&Gabbana sono già stati ritirati da tutti i siti di e-commerce cinese