Il 2017 appena conclusosi è stato l’anno in cui si celebrava il cinquantesimo anniversario del debutto su carta di Go Nagai, uno dei mangaka giapponesi che più hanno definito e contribuito ad evolvere l’arte del fumetto e delle serie animate nel Sol Levante. Popolarissimo tanto in patria quanto all’estero, con l’Italia come paese dove forse gode della stima maggiore, grazie al boom degli anime dalla fine degli anni settanta, a cui Nagai contribuisce in maniera definitiva. Le celebrazioni per questo anniversario si prolungano in questo inizio d’anno con la produzione e messa in onda su Netflix di una nuova serie animata dedicata a personaggi creati dall’artista giaponese, Devilman Crybaby. Devilman nasce dalla mente di Nagai nel 1972 come rielaborazione di un manga da lui stesso creato nel 1971 e mai finito, Mao Dante, quasi contemporaneamente sia come serie animata che come manga. Fortemente ispirato all’Inferno di Dante Alighieri e nel particolare, come ammesso dallo stesso autore, da un edizione della Divina Commedia illustrata da Gustave Doré, la storia si svolge in un universo in cui i demoni si risvegliano e decidono di invadere la terra e sterminare la razza umana. La serie che ha debuttato il 5 gennaio, si compone di dieci episodi della lunghezza di circa venticinque minuti ciascuno ed è, più che un remake della serie animata, una reinterpretazione della storia in sè come immaginata da Nagai fra carta e televisione.

Ritroviamo in Devilman Crybaby infatti i toni adulti e nichilisti che caratterizzavano la narrazione delle pagine cartacee, parte dei quali furono eliminati per la serie tv che comunque non risparmiava certo scene dure e di un certo impatto. Anche lo stile del disegno, benchè originale, si avvicina di più a quello del manga ed è proprio l’estetica l’elemento visivo che caratterizza maggiormente questa nuova serie. Prodotto da Netflix e con animazioni della Science Saru, l’anime è diretto da Masaaki Yuasa, uno degli artisti giapponesi più riconoscibili ed originali, conosciuto al di fuori del Giappone grazie a lungometraggi quali Mind Game, Lu on the Wall o The Night Is Short, Walk On Girl e a serie animate come Kaiba o Tatami Galaxy. Akira è un ragazzo dal cuore puro che spesso si commuove quando vede qualcuno soffrire e non particolarmente portato per lo sport, campo in cui invece eccelle la sua amica Miki. Un giorno Ryo, suo compagno d’infanzia, decide di portarlo ad un rave party, un sabbah che viene usato per evocare in questo mondo i demoni e far fondere il demone Amon con Akira, che grazie al suo cuore d’oro riesce a far convivere demone e umano nello stesso corpo, Devilman.

Chi ha già una certa familiarità con l’opera di Yuasa non si sorprenderà di certo per la follia visiva ed il ritmo espressionista che anima Devilman Crybaby, fin dai primissimi minuti della storia siamo già trasportati nell’universo di Devilman così come immaginato dal regista giapponese. Colori super sgargianti ed animazione quasi selvaggia e volutamente grezza improvvisamente diventano quasi infantile distorcendo le forme dei protagonisti, in questo senso la scena del sabbah nel primo episodio in cui il protagonista Akira si fonde con Amon è destinata a restare nelle retine degli spettatori. Violenza e sesso si combinano in un delirio dove i corpi degli umani sono dei ricettacoli che vengono aperti, deformati, trapassati e smembrati per essere ricomposti in forme demoniache e surreali.

Tematicamente la serie è un horror che esplora tutti i limiti dell’umano, non a caso il punto di partenza è la corsa e l’attività fisica, con ampi riferimenti al doping ed alle droghe, ed un’esplorazione di quanto il corpo umano sia capace di «aprirsi» e darsi all’alterità e quindi all’ inumano. Yuasa ed il suo studio hanno saputo creare un lavoro che nel mescolare sperimentazione visiva più spinta, momenti che dal tratto surreale e lisergico passano all’astratto, con tematiche, quelle del male e dell’attrazione verso il buco nero dell’annientamento dell’umano, che restano sempre attuali. La serie non soddisfarà certo tutti i palati, violenza eccessiva ed un senso dell’erotico che sfocia quasi in pornografia si uniscono ad una forte rappresentazione demoniaca che ha pochi eguali nel mondo della rappresentazione visiva, ma Devilman Crybaby è proprio per queste ragioni un lavoro di una bellezza unica che nei suoi momenti più riusciti tocca quasi vette klossowkiane.