Se si deve fare riferimento alla cronaca recente, in Italia come accaduto al ragazzino di Padova, li avrebbero tutti affidati d’urgenza ai servizi sociali per essere «rieducati». E pensare che molti dei tweet lanciati in rete in una lunga – e accesa – discussione tra gli spettatori di France 5 dopo la programmazione di Devenir Il ou Elle lamentavano la mancanza di un numero maggiore di strutture in Francia capaci di seguire gli adolescenti che vogliono cambiare sesso. Il documentario di cui stiamo parlando ha come protagonisti alcuni ragazzini transgender che, scoperta la distanza tra il loro corpo e i loro desideri, hanno deciso di non subire più questa condizione.

 
Léna,Lucas, Eléna, Bas e Connor intrecciano nei loro racconti la fatica di questa consapevolezza, il dolore, la paura, il disagio per un «ruolo» – o genere – in cui non si riconoscono. Cosa significa rivendicare il proprio essere, affrontare la società e i suoi tabù, i genitori le cui reazioni possono essere anche molto violente. L’aggressività degli sguardi intorno, la pesantezza della trasformazione ormonale. Un percorso duro, difficilissimo. A volte i padri e le madri li sostengono, altre come nel caso di Eléna non riescono a capire in alcun modo: respinta è dovuta andare via di casa quando aveva diciassette anni lei che, come racconta pettinandosi allo specchio, sapeva di essere una ragazza da quando era piccola e mentre dormiva pensava a sé come a una bambina.
Nei gruppi di ascolto i partecipanti, quasi sempre giovanissimi e famiglia, dicono della solitudine che si prova in alcuni luoghi, chi vive in campagna dove non c’è alcuna struttura e nessuno riesce a comprendere il disagio.

 
C’è chi racconta che per la madre è stato un «lutto», è come se avesse seppellito la figlia oggi divenuta ragazzo. Léna, che è nata in un corpo di maschio ma si è sempre sentita una ragazza, ha 17 anni: «Il fatto è che non siamo compresi, sì sono un ragazzo, sì sono una ragazza e allora, quale è il problema?».
La regista, Lorene Debaisieux, ha costruito un contrappunto di voci, una «relazione» nella quale accanto ai giovani protagonisti ascoltiamo anche quelle madri e quei padri che seppure in una posizione del tutto diversa condividono con i figli la stessa incertezza e una inevitabile fragilità. «Anche se non voglio dirlo, qualcosa non sarà più lo stesso tra di noi e al momento tutto questo mi pesa un po’» dice alla telecamera il padre di Lucas.

 
Racconta Lena: «Quando ero piccola avevo molte più amiche che amici, mi sentivo attratta da tutto ciò che era femminile… A sei anni non capivo cosa fosse, ho cominciato a rendermene conto durante la pubertà, quando il mio corpo ha cominciato a cambiare ma in un modo che non mi piaceva. E allora ho iniziato a fare ricerche».
Sembra che di recente l’edizione francese del National Geographic ha censurato la copertina con un ragazzino trans preferendo pubblicare un paesaggio russo. Ma intanto un canale pubblico trasmette un documentario che scuote i pregiudizi. Da noi, la tv pubblica, avrebbe al più organizzato un bel salottino da Vespa. Con tutti i «sapienti» commentatori del caso