La pioggia attesa come una benedizione è caduta con troppa avarizia su alcune aree del Nuovo Galles del Sud e di Victoria che continuano ad ardere. Da settembre. «Avremmo bisogno di almeno 200 millimetri», ha dichiarato la ministra per i servizi di emergenza Lisa Neville. Il Rural Fire Service del primo dei due Stati (Nsw Rfs) ha twittato ieri in serata che stavano ancora bruciando 130 incendi, e duemila suoi vigili del fuoco erano al lavoro per contenere le fiamme. Purtroppo si attendono altre giornate molto calde, in una situazione definita «dinamica».

MENTRE SI LAVORA a una «linea di contenimento» di 60 chilometri per proteggere le aree non colpite, in quelle più disastrate la mancanza di visibilità rende talvolta necessario posticipare anche le operazioni di evacuazione – ad esempio delle persone ancora a Mallacoota – a opera dell’esercito (sono 400 i riservisti sul campo).

Parla da solo il colore arancione del cielo visto dall’interno di un elicottero dei soccorsi; ed è lo stesso colore che a migliaia di chilometri di distanza ha reso marziani i cieli della Nuova Zelanda: il fumo degli incendi si è spostato attraverso il mare di Tasmania e, secondo Nava Fedaeff dell’Istituto neozelandese per la ricerca idrica e atmosferica, «entrato nella stratosfera, può rimanere a lungo e può spostarsi verso altre parti dell’emisfero australe».

«La portata della devastazione è enorme», dice dalla Tasmania Isabella Pratesi, direttore del programma di Conservazione del Wwf Italia; «Stanno bruciando le ultime foreste naturali di eucalipti e ad andare in fiamme non sono solo questi straordinari alberi con i koala, ma anche opossum, canguri grandi e piccoli, wallaby, wombat, ornitorinchi ed echidna».

NELLE BLUE MOUNTAINS solo a novembre e dicembre è andato bruciato il 50% delle riserve naturali. Il Wwf stima che siano circa 8.000 i koala vittime delle fiamme, che nella costa nord del New South Wales hanno già ucciso circa il 30% dell’intera popolazione di questa specie. Che prima dell’inferno ammontava a soli 28.000 esemplari. Un reportage della Abc dall’isola dei Canguri mostra le immagini del Centro fauna selvatica, zeppo di canguri feriti e koala con le zampine bruciate e fasciate. I responsabili del Centro temono che di questi mammiferi marsupiali arrampicatori sia morto il 50% della popolazione locale (l’unica indenne da malattie fra l’altro). Peter Davis, apicoltore, spiega piangendo che le api sopravvissute non avranno più nettare.

Alla fine del fuoco, tanta fauna selvatica endemica potrebbe andare perduta per sempre, in un ambiente ormai stravolto. Si calcola poi che siano morti – o così ustionati da dover essere soppressi dai veterinari – anche il 9% dei bovini e il 12% degli ovini.

L’EMERGENZA CLIMATICA renderà più frequente la nascita e lo svilupparsi di grandi incendi come quelli in corso in queste settimane. Già nel 2009, secondo un rapporto del governo australiano, le proiezioni indicavano una crescita della temperatura e della siccità nel Sud-est australiano, con un grande aumento dei giorni di estremo pericolo di incendio. E il governo federale conservatore del premier Scott Morrison continua a essere criticato, da un lato perché non fa abbastanza per tagliare le emissioni di gas serra e perché è legato alle lobby del fossile, dall’altro per la gestione dell’emergenza, tardiva e scoordinata malgrado il riconosciuti impegno dei vigili del fuoco e degli addetti ai soccorsi.

In uno slancio verso il futuro, Canberra ha stanziato 2 miliardi di dollari australiani per la ricostruzione delle cittadine distrutte. Non è poi così tanto: a parte i 23 persone morte fra vigili del fuoco e civili dall’inizio della «crisi», sono moltissime le case, le aziende agricole e le altre attività incenerite, quasi centomila gli sfollati, migliaia di residenti sono senza servizi, e ormai privi di lavoro. Certo, la gara di solidarietà è imponente: al Rfs arrivano aiuti in beni e denaro, e anche gli attori australiani impegnati nel Golden Globe si stanno muovendo. Ma che cosa accadrà quando i roghi finiranno di ardere?

PROPOSTE PRECISE ha avanzato sul Guardian l’ex primo ministro laburista Kevin Rudd, duro contro il suo successore.

Scrivendo «nel mezzo di una apocalisse nazionale», mentre «si legge la paura nei volti», chiede: molti più mezzi, e permanenti, per i servizi di emergenza e soprattutto quello antincendi, costituito in gran parte da volontari non remunerati: Rfs, per esempio, è fiero di essere «il più grande del mondo, con oltre 72.000 membri volontari organizzati in 2.000 brigate»; solo di recente il governo ha previsto alcune agevolazioni, diverse dallo stipendio. Rudd insiste poi sulla necessità che l’Australia abbia «la flotta di aerei antincendi più grande del mondo, in un paese arido che peggiorerà». Infine, «di quale altro segnale abbiamo bisogno per accelerare le azioni contro il riscaldamento globale?»: Rudd ricorda che quando il suo governo fissò l’obiettivo delle rinnovabili al 20% entro il 2020, i conservatori gridarono alla distruzione dell’economia…