L’Assemblea Costituente ha rimosso, dopo aver fatto circondare il suo ufficio dalla polizia, la procuratrice generale del Venezuela Luisa Ortega Diaz. Era stata lei stessa qualche ore prima a denunciare via Twitter la presenza di poliziotti attorno alla sede della Procura generale; era nell’aria che la Costituente avrebbe provveduto a rimuoverla dal suo incarico e incriminarla per non ben definiti «crimini», obbligandola inoltre a non lasciare il paese e bloccando i suoi beni.

LA SUA POSIZIONE, di «chavista» in difesa della Costituzione, era già stato bollata da Maduro e i suoi come «traditrice» e addirittura «complice dell’insurrezione armata delle opposizioni». Ortega Diaz è così dovuta fuggire a bordo di un motorino, muovendosi rapida tra le strade adiacenti il Parque Carabobo, dove si trova l’ufficio della procura. La decisione non rappresenta «un linciaggio personale o politico» ma è stata presa sulla base del rispetto delle leggi e della Costituzione, è stato detto nell’Assemblea. Al suo posto è stato nominato Tarek William Saab, ex «Defensor del Pueblo» e «madurista» di fiducia. Diosdado Cabello – il numero due in Venezuela e autore della richiesta di sospensione immediata della procuratrice – ha inoltre proposto che la Costituente non duri i soli sei mesi annunciati da Maduro, ma addirittura due anni.

NELLA GIORNATA DI IERI è arrivata anche la sospensione del paese in modo «indefinito» dal Mercosur per il mancato rispetto della «clausola democratica». I ministri degli esteri del gruppo sudamericano si sono incontrati ieri in Brasile. Proprio il Brasile – che ha la presidenza di turno dell’organizzazione della quale fanno parte Argentina, Uruguay e Paraguay – ha spinto per questa decisione a evidenziare come la situazione «continentale» non giochi proprio a favore di Maduro.

LA RIMOZIONE DI ORTEGA DIAZ è un segnale dalle motivazioni di diversa natura: sicuramente c’è la volontà di togliere dalla scena politica un’avversaria e forse una leader di un gruppo accusato di voler mettere i bastoni tra le ruote a Maduro; in secondo luogo il presidente sembra voler sfruttare al massimo una situazione favorevole, con la Costituente al lavoro e con un’opposizione che appare in difficoltà, lacerata da divisioni interne sul da farsi. Il profilo di Ortega Diaz apre dunque alcuni squarci all’interno del chavismo all’epoca di Maduro. In prima fila al funerale di Chavez, voluta proprio dal Comandante nel ruolo di super procuratrice, è stata la responsabile degli arresti di molti esponenti delle opposizioni, compresa la condanna a 14 anni di Leopoldo Lopez.

Poi, nel marzo scorso, la giravolta e la denuncia del governo Maduro: per Luisa Ortega Diaz, 59 anni e moglie di un ex guerrigliero oggi deputato, il governo dell’erede di Chavez stava deragliando. Per questo Ortega Diaz ha emesso procedure di scarcerazione di molti arrestati e ha preso di mira ogni decisione di Maduro. Secondo lei il rischio era quello di una deriva autoritaria: la sua attività, compreso il mancato sostegno alla Costituente, nascerebbe in difesa della Costituzione chavista.

PER I SUOI DETRATTORI avrebbe cambiato casacca per evitare le sanzioni americane che avrebbero potuto colpire ricchezze di famiglia negli Usa. Per altri è semplicemente una astuta stratega: vedendo Maduro in difficoltà avrebbe tentato la capriola per evitare di finire nel calderone di eventuali indagini su presunti crimini. Rimane il fatto che alcuni giorni fa Ortega Diaz ha messo sotto inchiesta la legittimità della Costituente a causa delle avvisaglie di brogli lanciata dall’azienda che – da dieci anni – gestisce i processi elettorali venezuelani.

UNA RICHIESTA DI BLOCCO evitata proprio due giorni fa da un tribunale di Caracas. Ma ormai Maduro aveva messo il suo nome tra i traditori e ieri il suo ufficio è stato circondato dalla polizia, mentre la Costituente si riuniva per iniziare i lavori e procedere alla sua destituzione. Per alcuni, come Augustin Blanco Muñoz, storico, professore di scienze sociali e autore di un libro che raccoglie 15 interviste di Chavez dal titolo «Habla el Comandante», «lei – ha dichiarato a Deutsche Welle sostiene di difendere la Costituzione chavista, democratica». Per altri ancora sarebbe a capo di una sorta di camarilla di ex chavisti determinati a evitare un prolungamento del potere di Maduro. Per ora rischia di vedere concluso il proprio percorso politico: la sua rimozione è una scelta che pare indicare più debolezza che forza. Si tratta di una decisione – però – che avviene nel momento più complicato per le opposizioni: ragionando in termini politici il prossimo confronto «legale» si terrà a dicembre con le elezioni regionali.

LE CANDIDATURE vanno presentate entro la fine di agosto, ma alcuni dei partiti che formano la Mud non sembrano intenzionati a candidarsi, sostenendo che in questo modo legittimerebbero «la dictadura» di Maduro. Altri invece ritengono necessario partecipare, per non lasciare campo libero al governo.