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Desecretazione, i tanti ostacoli per arrivare alla verità

Dopo l’annuncio di Matteo Renzi della firma della direttiva sulla desecretazione degli atti classificati sulle stragi, la reazione è in generale di attesa. Manca un regolamento attuativo, una road map […]

Pubblicato più di 10 anni fa

Dopo l’annuncio di Matteo Renzi della firma della direttiva sulla desecretazione degli atti classificati sulle stragi, la reazione è in generale di attesa. Manca un regolamento attuativo, una road map che dovrà guidare gli archivisti dei fondi riservati nella ricerca dei dossier. Ci sono ancora molti punti interrogativi e il dubbio che – alla fine – ci ritroveremo tra le mani carte già note. O qualche polpetta avvelenata, difficilmente verificabile.

Come ha notato subito il ricercatore Aldo Giannulli (vedi intervista in questa pagina) non sono stati ancora elaborati i regolamenti attuativi della riforma dei servizi del 2007, che ha rivoluzionato la gestione delle classifiche di segretezza. Non solo. I veri archivi blindati sono quelli della Nato. Le carte custodite negli armadi dell’organizzazione atlantica sono inviolabili per i singoli governi. E ancora, non sembra rientrare nella desecretazione le carte della presidenza della Repubblica, che è organo costituzionale, diviso e indipendente. Anche in questo caso quei fondi sono esclusi al momento dalla desecretazione.

Cosa rimane alla fine? Molto, moltissimo e in questo senso l’impegno di Renzi potrebbe avere un valore storico. Mai come questa volta, però, il percorso è pieno di trappole. Prima di tutto occorre capire se esistono e quanto siano affidabili gli indici e i cataloghi dell’intelligence e delle altre amministrazioni dello Stato. Se un documento, ad esempio, non ha un numero di protocollo, semplicemente non esiste. Nessuno, probabilmente, riuscirà a leggerlo. C’è poi l’ostacolo del decreto di Berlusconi del 2007 di riorganizzazione dei servizi. Renzi per ora ha firmato una direttiva, che non ha valore di legge, ma solo di indirizzo e, quindi, non può superare gli ostacoli esistenti. Un esempio chiaro riguarda l’accesso al materiale desecretato, che è riservato oggi solo “agli aventi diritto”.

Tra i tanti ostacoli c’è la difficoltà di accesso agli archivi di amministrazioni chiave, come gli Esteri. Chi ha avuto la possibilità di lavorare su quei fondi descrive una situazione caotica, dove è difficile riuscire a trovare documenti significativi. Per avere un termine di paragone che rende l’idea dell’importanza, parliamo dei nostro “cablo”, ovvero le comunicazioni tra le ambasciate e la Farnesina. Qui possono annidarsi segreti di peso, come è avvenuto con la divulgazione da parte di Wikileaks dei messaggi dell’amministrazione Usa.

C’è infine una questione di accessibilità. Per ora il governo ha annunciato il trasferimento dei fondi all’archivio di Stato. Nessun cenno alla pubblicazione digitale dei documenti, o almeno degli indici, che renderebbero agevole la consultazione. Per quanto riguarda i tempi, infine, l’unico dato certo riguarda il caso Alpi: su questo punto il sottosegretario Marco Minniti ha assicurato la conclusione della procedura entro la prima settimana di maggio.

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