«Le parole hanno un peso se sono seguite dalle azioni e l’anno scorso qui mi ero impegnato ad avviare un percorso fatto di azioni e di fatti». Era il 2 agosto di un anno fa quando il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede incontrava per la prima volta nella sala del Consiglio comunale di Bologna i familiari delle vittime delle stragi e del terrorismo. «Ci giudicherete dagli atti, non dalle parole», si pronunciò quella volta, ben sapendo su quali richieste i familiari non fossero più disposti a transigere: i risarcimenti alle vittime, la digitalizzazione dei documenti e la piena applicazione della “direttiva Renzi” relativa alla desecretazione degli atti ancora coperti dal segreto di Stato.
Ieri, nel giorno del 39esimo anniversario della strage, il Guardasigilli è ritornato in città, ed è stata l’occasione per «fare un primo punto dello stato di avanzamento di quel dialogo cominciato l’anno scorso» con le associazioni. Proprio «in tema di desecretazione e versamento degli atti», Bonafede ha fissato come «bussola del percorso» un documento sottoscritto insieme alle associazioni e al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, che «contiene i 10 punti sottoposti all’attenzione del governo».
Per capire di cosa si stia parlando è necessario andare indietro fino al 2014, anno in cui l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi firmò una direttiva per disporre la declassificazione degli atti relativi alle stragi italiane dal 1969 al 1984. Da quel momento, l’Archivio Centrale dello Stato avrebbe dovuto ricevere da parte di tutte le amministrazioni i documenti fino a quel momento coperti dal «segreto di Stato» e fondamentali per fare un passo avanti verso la ricerca della verità.
Secondo quanto denunciato dalle associazioni dei familiari delle vittime e dalla Rete degli archivi per non dimenticare, quei documenti però spesso non venivano versati, «spariti», oppure venivano consegnati materiali incompleti o già noti, dunque totalmente inutili. Da qui la promessa di cambiamento del 2018, il primo al governo per il Movimento 5 Stelle. «In questo anno si è instaurato per la prima volta un dialogo effettivo col Dipartimento delle informazioni per la sicurezza – ha spiegato dunque Bonafede – i cui funzionari sono stati recentemente auditi». Inoltre, è stato istituito un Comitato di declassificazione dei documenti sensibili «che sta svolgendo il suo lavoro a pieno ritmo», presieduto dal sottosegretario Vito Crimi. La vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni del Movimento 5 Stelle, presente a sua volta alle commemorazioni, ha aggiunto inoltre che «da maggio è on line il portale delle Commissioni d’inchiesta», nel quale sono «in corso di pubblicazione tutti i documenti delle commissioni e dei resoconti dei lavori»; il prossimo passo sarà quello di «far confluire nel portale anche i documenti custoditi dal Senato». Proprio a questo proposito, i presidenti della Camera e del Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, hanno diffuso ieri una nota congiunta nella quale confermano «l’impegno comune che mira a portare avanti il processo di declassificazione e digitalizzazione dei documenti delle Commissioni di inchiesta». «Tappe importanti», ha commentato il presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime Paolo Bolognesi, elencando gli obiettivi raggiunti. Ma a proposito dell’iter di desecretazione ha lanciato un avvertimento: se non dovesse riguardare tutti i materiali, allora il rischio depistaggi sarebbe altissimo: «Voglio ricordare che per evitare di arrivare alla verità, si è divisa la strategia della tensione evento per evento. La desecretazione degli atti deve essere fatta in modo globale, partendo da piazza Fontana e arrivando anche oltre Bologna».