Fino al 7 febbraio, il Centre de conservation et de ressources (Ccr) di Marsiglia, istituzione che afferisce al Musée des Civilisations de l’Europe et de la Méditerranée (Mucem) ospita Derrière nous, una mostra inconsueta che presenta i lavori – tra creazione poetica e archeologia – realizzati dal poliedrico artista portoghese Francisco Tropa con una classe della scuola secondaria Louis Armand di Marsiglia.
L’esposizione s’inscrive nel quadro del progetto europeo di cooperazione dal titolo Excavating Contemporary Archaeology, che ambisce a esplorare la diversità del patrimonio culturale in Europa e al quale partecipano il Mucem, il centro danese di arte contemporanea Kunsthal Aarhus, l’organizzazione non governativa Point di Cipro e la compagnia belga Air Antwerpen.

SOTTO LA GUIDA di Tropa, il quale mette al centro del suo approccio la storia e i grandi miti delle civiltà, i curiosissimi allievi hanno osservato e disegnato diciotto oggetti delle collezioni del Mucem, scelti fra la cinquantina che lo stesso artista aveva riportato alla luce «scavando» nei depositi del museo marsigliese. Dalla penombra di una sala divisa in due spazi emergono reperti datati essenzialmente tra Ottocento e Novecento – un macinino da caffè, la scatola di un lustrascarpe, un’arnia – senza apparente connessione.
Ad attirare l’interesse di Tropa, infatti, sono state forme, funzioni e quella dose di stranezza che spesso propizia opere d’arte «involontarie», come il frammento di forno da fusione per cristallerie da Saint-Louis-lès-Bitche (Moselle, XX secolo) in cui la pietra è divenuta un tutt’uno con residui vetrificati color del mare.

ED È PROPRIO un’aura misteriosa e magica ad aver decretato la fortuna di questo pezzo, a cui gli alunni della scuola Louis Armand attribuiscono il potere su «un mondo isolato pieno di storie, dove la pietra blu è regina». A caratterizzare la rassegna non sono infatti solo i disegni scaturiti dall’impegno della giovane squadra di Tropa, ma anche brandelli di testi scritti e recitati – l’installazione audio Nous sommes derrière l’écho è a cura di David Bouvard – che narrano una civiltà immaginaria, di cui gli oggetti appartenenti al Mucem costituiscono le favolose vestigia.
Così una lente d’ingrandimento sferica ad acqua, usata in Francia dalle merlettaie fino a metà del XX secolo, si trasforma in strumento per atti propiziatori: «la tradizione voleva che si affogasse un uccello catturato per ricordare che l’isola era stata sommersa».
Parte integrante della mostra sono inoltre cinque serigrafie prodotte da Francisco Tropa, composte da stratificazioni di colori in cui flottano sagome scontornate e dettagli ripresi dai disegni della multietnica classe della periferia marsigliese. Anche queste ultime opere simboleggiano un’archeologia della memoria, che vuole strappare all’oblio ciò che ci sfugge quando guardiamo dietro di noi.