È stata inserita nel decreto «svuota carceri», che ha abrogato tutta un serie di reati minori. Con 332 voti favorevoli, 104 contrari e 22 astenuti, la Camera dei deputati ha approvato mercoledì una parziale, e ingannevole, depenalizzazione della coltivazione della cannabis, oltre che del reato di clandestinità (motivo per cui c’è stato l’ostruzionismo di M5S, Lega e Fratelli d’Italia), con l’obiettivo di ridurre il numero dei detenuti che stanno attualmente affollando le strutture carcerarie italiane. Per questi due punti controversi si tratta però di una legge delega. In pratica, il governo ha 18 mesi di tempo per emanare i decreti che daranno attuazione al principio.

Inoltre, per quanto attiene alla marijuana, il provvedimento in questione si riferisce soltanto all’articolo 2 del testo unico sugli stupefacenti, quello che riguarda i soggetti che hanno già un’autorizzazione alla coltivazione di sostanze psicotrope per scopi scientifici, sperimentali o didattici, concessa dal ministero della Salute. Quindi, università e laboratori di ricerca che se non rispettano «prescrizioni e garanzie cui l’autorizzazione è subordinata», non incorreranno più in sanzioni penali (fino a un anno di carcere), come è stato fino ad ora, ma solo amministrative (dunque pecuniarie). Per chi non ha l’autorizzazione ministeriale resta dunque il reato penale, come prima.

Secondo alcuni, si tratta comunque di un piccolo passo in avanti che arriva dopo l’ok che il governo Renzi ha dato all’utilizzo, anche nel nostro Paese, della cannabis per scopi terapeutici.

Il 10 marzo l’esecutivo aveva infatti deciso di non impugnare la legge della Regione Abruzzo, promulgata lo scorso 4 gennaio, che consente la prescrizione e l’erogazione gratuita a carico del servizio sanitario di medicinali cannabinoidi. Altre Regioni sono sulla stessa strada.