Depardieu chante Barbara non è album semplice all’ascolto per come riesce a irradiare e a moltiplicare il rapporto che legava la cantante e pianista parigina, nata Monique Andrée Serf, all’attore di Novecento. Soprattutto in Italia dove ancora pochi conoscono il repertorio di Barbara, nonostante avesse alcuni cultori come Giovanni Testori che ne divideva la passione con Renata Tebaldi. Dunque, si comprende questa relazione amicale già a partire dalla copertina in cui su uno sfondo rosso campeggia il piano appartenuto a Barbara, per l’occasione suonato da Gerard Daugerre.

Collaboratore della cantante dal 1981 alla morte avvenuta nel 1997 a sessantasette anni, Daugerre è ideatore del progetto non limitato solo all’uscita del disco, ma anche ai concerti tenuti, con grande presenza di pubblico, dal 9 al 18 febbraio scorso al Théâtre des Bouffes du Nord. Sono i brani scelti per la registrazione a dettare i tempi di questo legame, interamente assorbito dalla musica nonostante fosse planato sulle loro rispettive biografie come un macigno.

A raccontarlo è lo stesso Depardieu in alcuni passaggi del suo libro, Innocente, uscito sul finire dello scorso anno per Clichy: «metteva in gioco tutta la sua vita. Perché non puoi arrivare a un tale livello di emozione se non hai vissuto immensamente. E non c’è una tecnica che può insegnare questo tipo di emozione, è solo una qualità dell’anima. Ed è ciò che Barbara aveva preso e imparato dalla vita, perfino le cose che poteva avere dimenticato ma che continuavano a esistere in lei e che, a sua insaputa, venivano fuori durante una canzone. È quella che si chiama umanità». È un racconto d’amore ininterrotto il suo, racchiuso in una discografia spossante da recuperare per intrecci e uscite, e un’autobiografia purtroppo incompiuta e discreta come il suo «mal di vivere». L’album è aperto da L’ile aux mimose, scritta con Luc Plamondon, che fa parte del musical Lily Passion che la vide tornare sui palcoscenici proprio con Depardieu nel 1986.

Da Lily sono estratti pure Mémoire, mémoire e la ripresa di Ma plus belle histoire d’amour, brano dedicato al pubblico, risalente a venti anni prima. Nantes e L’aigle noir, composte tra il 1959 e il 1970, raccontano la sofferenza per la morte del padre e la rivelazione delle sue attenzioni morbose e incestuose, ribadite con più distacco nel ’73 con Amours incestueuses. Dal disco L’aigle noir, arriva anche Drouot, mentre agli anni ’60 appartengono Une petite cantate, scritta per Liliane Benelli, morta per un incidente, La solitude, pubblicata 10 anni dopo, Le soleil noir e Gottingen. A force de, composta dal figlio di Depardieu, Guillame e prelevata da Barbara, chiude l’estrema stagione della cantante ad un solo anno dalla morte.