L’accusa è grave, tanto più se a doverne rispondere sono dei parlamentari colpevoli solo di aver svolto il loro ruolo di opposizione: attentato contro organi costituzionali, un reato che, in caso di condanna, prevede una pena compresa tra uno e cinque anni. A vedersela contestare, scoprendo così di essere finiti sotto inchiesta, sono stati ieri i senatori del Movimento 5 stelle denunciati da un gruppo trasversale di colleghi per aver rallentato all’inizio dello scorso mese di novembre il voto di fiducia sullo Sblocca Italia. Un atto di ostruzionismo che – per quanto duro – rientra comunque da sempre nelle attività messe in atto dalle opposizioni decise a fermare un provvedimento ritenuto ingiusto. Ma che ora l’esposto presentato a novembre dal senatore socialista Enrico Buemi (ma firmato anche dai colleghi Albertini e Conte di Ap, Candiani della Lega, Longo di Forza Italia, Giovanardi del Ncd, Barani di Gal e Pezzopane e Ginetti del Pd) ha trasformato in un caso politico e rischia di scatenare un conflitto di attribuzione tra procura e parlamento dopo che si è scoperto che alcuni senatori sono già stati sentiti negli uffici della procura. Una situazione anomala al punto che in serata lo stesso presidente del Senato Pietro Grasso interviene dando l’altolà ai magistrati sottolineando «il difetto assoluto di giurisdizione della magistratura ordinaria sui comportamenti senatori nell’esercizio delle loro prerogative».

Il caso viene allo scoperto ieri quando nell’aula di palazzo Madama, dove si stanno consumando le ultime battute del ddl anti-corruzione, il senatore forzista Nitto Palma dando notizia del procedimento aperto a piazzale Clodio chiede al presidente Grasso di accertare «quanto sta accadendo alla procura di Roma e se c’è un atteggiamento invasivo rispetto all’autonomia del Senato».

La conferma dell’esistenza dell’esposto arriva dallo stesso Buemi: «La denuncia l’ho presentata io insieme ad altri sette, otto senatori dopo che i grillini ci hanno fisicamente impedito l’esercizio del diritto di voto sulle riforme mettendosi di traverso sui banchi della presidenza. Insomma: se non è violenza questa…». Per spiegare l’iniziativa Buemi arriva a scomodare addirittura il colonnello Tejero, l’ufficiale della Guardia civil che nel 1981 tentò un colpo di Stato facendo irruzione armato nel parlamento spagnolo. «Vogliamo aspettare che arrivi un tenente-colonello Tejero con la pistola in aula rima di chiamare i magistrati?», chiede all’aula.

La notizia della denuncia scatena i parlamentari 5 stelle, giustamente preoccupati per quello che viene letto come un tentativo di mettere il bavaglio alle opposizioni. «Nessuno si sogni di intimidirci», avverte il capogruppo Andrea Cioffi mentre il presidente Grasso convoca una capigruppo allargata all’ufficio di presidenza nella quale si decide di rimandare alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari il compito di esprimere un parere in merito all’inchiesta.

Nel frattempo si ricostruiscono i fatti. A dicembre, dopo aver ricevuto l’esposto dei senatori, la procura scrive alla presidenza del Senato chiedendo i verbali delle sedute del 4 e 5 novembre scorsi, quelle in cui i senatori 5 stelle protagonisti delle proteste.

Obiettivo della procura è quello di accertare se in quelle ore si siano verificati atti tali da poter essere considerati come un qualcosa in più rispetto alla normale attività parlamentare. La risposta ai pm guidati dal procuratore capo Giuseppe Pignatone arriva il 23 marzo scorso. La presidenza invia gli stenografici delle sedute avvertendo che provvedimenti sono già stati presi dal Consiglio di presidenza nei confronti dei senatori M5S ritenuti responsabili dei disordini: undici in particolare, due dei quali sospesi per dieci giorni e nove per sette. Un modo per dire che per la presidenza il caso è chiuso e che quindi non c’è motivo per dare seguito alla denuncia.

Evidentemente, però, la spiegazione non convince i magistrati al punto che in procura nei giorni scorsi sarebbero stati ascoltati i senatori azzurri Lucio Malan, Alfredo Messina e Andrea Mandelli. Facendo così diventare pubblica l’inchiesta.

«I partiti ci hanno denunciato per attentato agli organi costituzionali. Non so se ridere o piangere», commenta su Facebook il vicepresidente della camera Luigi Di Maio. «Resta il fatto che denunciano noi e arrestano sempre loro». Sul caso interviene anche il blog di Grillo con un post firmato dal gruppo del Senato: «L’italia è un Paese capovolto: se rubi finisci per entrare in politica e se sei onesto vieni denunciato».