Il segretario di Stato Mike Pompeo, rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se il Dipartimento di Stato si stia preparando a impegnarsi con il team di transizione del presidente eletto Biden, ha risposto: «Ci sarà una transizione graduale a una seconda amministrazione Trump».

POMPEO, IL MASSIMO diplomatico del Paese, con questa risposta si è schierato accanto a Trump, così come ha anche fatto il capo della maggioranza Gop al Senato, Mitch McConnell, secondo il quale le elezioni non sono finite e il presidente ha il diritto di perseguire sfide legali.

La bizzarria della dichiarazione di McConnell sta nel fatto che l’ha fatta durante una festa di benvenuto per i repubblicani neoeletti al Congresso, come a dire che se l’esito delle elezioni è a favore del partito repubblicano viene considerato attendibile, in caso contrario è una frode.

Di fatto questa amministrazione sta facendo di tutto per opporsi all’esito delle elezioni. Lunedì sera la campagna Trump ha fatto causa al segretario di Stato della Pennsylvania con l’accusa che il sistema di voti per posta sarebbe stato meno rigoroso di quelli del voto in presenza. I legali di Trump hanno quindi chiesto una ingiunzione di emergenza mirando a impedire ai funzionari statali di certificare la vittoria di Biden nello Stato.

Questo, a pochi giorni dall’esito del voto, è l’inizio della battaglia legale intrapresa da Trump, segnato anche dal via libera del procuratore generale, William Barr, che ha autorizzato i pubblici ministeri federali a proseguire le indagini su accuse di «irregolarità», precisamente di «violazione della costituzione».

Con questa mossa pare proprio che la campagna di Trump voglia arrivare davanti alla Corte suprema, anche se le chance di vincere non ci sono. Il nodo non è giuridico, ma politico. Ciò che sta mettendo in piedi il partito repubblicano è una lotta politica che mira a inoculare un sentimento generalizzato di sfiducia nel processo elettorale e nella tenuta stessa del sistema democratico.

LA BASE DIALETTICA da cui parte Trump è che il risultato delle elezioni lo abbiano decretato gli odiati media. Ciò è vero, ma è anche ciò che è accaduto nel 2016, come nel 2012 e via a ritroso: quando durante lo spoglio diviene chiaro chi tra i due candidati ha ottenuto il numero di collegi necessari per vincere, i media lo dichiarano presidente eletto, mentre il conteggio va avanti per settimane.

Ciò accade anche per dare alle amministrazioni il tempo di operare una serie di mosse necessarie per il passaggio di consegne, che è una prassi e pure una voce del bilancio. L’ostruzionismo dell’amministrazione Trump nel non voler compilare i moduli per la transizione, impedisce ai funzionari del team del democratico Joe Biden di avere fisicamente accesso alla Casa bianca e ai fondi da cui devono attingere per potersi insediare.

QUESTA MANOVRA repubblicana mette i bastoni tra le ruote al Partito democratico creando un bel fastidio, ma soprattutto forma nel pezzo di paese fedele a Donald Trump la sensazione che i democratici non siano davvero legittimati a governare e che stiano scippando la presidenza, il che non è un semplice fastidio, ma può causare un vero problema in una nazione così polarizzata e, in parte, armata.

Andando avanti con questa strategia la Casa bianca ha incaricato le agenzie federali di continuare a preparare la proposta di bilancio dell’amministrazione per il prossimo anno fiscale, secondo quanto hanno detto al Washington Post alcuni funzionari dell’amministrazione ancora in carica.

La proposta di bilancio viene in genere emessa a febbraio, ovvero almeno due settimane dopo la data in cui è previsto che Trump debba lasciare la Casa bianca, il 20 gennaio: «Fingono che non sia successo niente – ha detto il funzionario – Dobbiamo tutti fingere che sia normale. Ed è tutto molto anormale».