Secondo album del trio jazz blues formato da Samuele Spilla (chitarra e voce), Antonio Mancino (basso e cori) e Dario La Neve (batteria e percussioni). Dieci brani che non seguono le mode con un occhio rivolto al Brasile e alla canzone d’autore. Un disco, spiega Spilla, autore di nove pezzi: «Che ha un inizio e una fine, è un racconto, un sentiero. Parla dell’arte, della natura e dei rapporti di cui siamo fatti. Indaga la forma della nostra personalità – cercandone sempre più inevitabilmente la sostanza. La forma è necessaria, ed è esaltata, ma la sostanza è vitale». Liriche ispirate come nella title track, sull’inganno nascosto dietro l’apparenza o Goffredo, giullare da bar e perfino Costanza, storia di una bravissima bimba che ha un solo «difetto»: vuole anche essere felice. Ma per quello – le spiegano – c’è tempo… E ancora, l’amore raccontato nella bossanova Vem pra mim, la suggestiva Sicomoro, l’albero della vita, dove ci viene spiegato come non scegliamo il nostro nome, il nome prende forma soltanto perché qualcun altro lo riempie di significato. Ben arrangiato e suonato, ma con qualche incertezza di troppo nel canto che non riesce a trasmettere a dovere l’intensità di molte liriche.