Nuova direzione – musicalmente parlando – per Dente, al secolo Giuseppe Peveri da Fidenza che per il suo settimo album di inediti ha deciso di abbandonare le atmosfere acustiche per sposare suoni più contemporanei. Undici pezzi che parlano in prima persona di debolezze e di paure, del passato e di come lo ricordiamo e del futuro che possiamo immaginare. «Quello che mi ha portato a voltare pagina è stato il desiderio di fare una cosa più contemporanea – spiega Dente -, mi ero un po’ stancato di questa retromania un po’ esagerata». Una retromania che ha caratterizzato parte della sua produzione precedente: «Vero, mi sono reso conto di vivere dentro il mio tempo e mi è venuto istintivo fare qualcosa di più contemporaneo». Ad aiutarlo è stato il confronto diretto in particolare con Federico Laini e Simone Chiarolini, arrangiatori e produttori: «Sono stati importantissimi perché hanno vestito le canzoni con suoni brillanti e moderni. Le tracce sono state create al computer, attraverso campionamenti e loop».

UN LAVORO diverso dal modus operandi precedente del cantautore emiliano: «Abbiamo passato le notti a ragionare su queste canzoni. E dopo aver fissato la preproduzione siamo andati insieme da Matteo Cantaluppi e Ivano Rossi per registrare a Milano e mettere in bella queste notti folli». Un disco che mette Dente a nudo, la prima volta il nome e la foto in copertina: «È quasi paradossale per un disco così ricco di collaborazioni. In realtà la sfida era di fare un progetto nuovo nel suono e nell’approccio ma che al contempo risultasse assolutamente mio. E penso di esserci riuscito».
Trasparente è forse il manifesto dell’album: racconta una sensazione vissuta da Dente al suo arrivo in stazione a Milano: «Sono quelle giornate in cui sei in preda a crisi di sconforto, ti senti quasi trasparente, invisibile al mondo e pensi di non valere nulla. Però allo stesso tempo può anche essere letta come una sfida a non lasciarsi andare, una sorta di voglia di riscatto». Anche Adieu, il primo singolo, va in questa direzione: «Esatto. Quello che voglio trasmettere in quel pezzo è la voglia e il coraggio di fare determinate cose. Una lezione che ho imparato dalla mia vita, quando ho lasciato il posto fisso e a 29 anni me ne sono andato da solo a Milano per studiare grafica».

LA SCENA musicale italiana è cambiata drasticamente nell’arco degli ultimi tre anni, basta gettare uno sguardo alle classifiche: «Spero di non restare in un limbo, anche perché sono contento di questo cambio e soprattutto che si tratti di artisti italiani un tempo bistrattati. Non mi è mai piaciuto dividere la musica per categorie, semplicemente è bella o brutta». Cose dell’altro mondo che chiude il disco è uno sguardo sul mondo di provincia. Vecchi amici, in mezzo la nebbia, i bar. Un po’ come immergersi in un libro di Guareschi: «Sicuramente lo spirito di Guareschi l’ho annusato perché vengo proprio da lì e a Busseto ho anche registrato un disco. Volevo raccontare una storia e la provincia per come la vedo io, che mi sono scoperto cittadino. Amo Milano e la città, e più sono grandi e meglio sto. Anche se, alla fine, l’Italia sembra tutta una grande provincia…».