Attorno al palazzo della Regione Liguria si avverte una fibrillazione che neppure per la notte degli Oscar. Avrebbe dovuto arrivare domani, ma sarà presentato già oggi, nel pomeriggio o in serata, il piano di Autostrade per la demolizione di ponte Morandi. Si attende, come ha anticipato nei giorni scorsi il presidente Toti, un dossier di opzioni alternative per quello che sarà lo smantellamento del viadotto. Ma le aspettative rischiano di essere frustrate.

«Non sono convinto che Autostrade abbia pronto un piano vero e proprio, piuttosto credo che tenterà di dimostrare di essere in grado di portare a termine l’intervento». A mettere in guardia sulla possibilità che i tempi siano più lunghi del previsto è Danilo Coppe, il fondatore di Siag, una delle più importanti società di esplosivistica in Italia ed Europa. La sua azienda è una vecchia conoscenza per Genova. Coppe ha demolito, nel 2008, l’altoforno Ilva. Qualche anno prima l’enorme silos granaio in porto. La settimana scorsa è stato chiamato come consulente dal Comune per valutare una riperimetrazione della zona rossa e permettere ai dipendenti di Ansaldo di rientrare in fabbrica. E l’azienda parmigiana è tra quelle a cui Autostrade si è rivolta per avere diverse ipotesi di abbattimento. L’esperto che, come ama ripetere, utilizzerebbe «l’esplosivo persino per togliere un dente cariato», si dice pronto ad abbattere i monconi senza pericolosi smontaggi, ma solo attraverso collassamenti programmati. «Ma credo che Autostrade avrà bisogno di un paio di mesi – azzarda – dopo che la procura di Genova darà l’ok all’abbattimento».

Procura che ieri è tornata in sopralluogo sulle macerie del Morandi e che, giorno dopo giorno, vede aumentare il numero di reperti a disposizione. Sempre ieri la guardia di finanza ha infatti eseguito un decreto di sequestro nelle sedi del ministero delle Infrastrutture e Trasporti e nel suo ufficio ispettivo territoriale a Genova, nella sede del provveditorato delle Opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d’Aosta, e della Spea Engineering, società collegata al gruppo Autostrade. I documenti all’attenzione degli inquirenti sono relativi ad autorizzazioni, manutenzioni ordinarie e straordinarie e verbali delle riunioni dei consigli di amministrazione. In particolare gli atti che gli investigatori stavano cercando riguardano il progetto di retrofitting, ovvero rinforzo degli stralli dei piloni 9 (quello crollato) e 10 (quello sulle case).

Gli inquirenti vogliono risalire la catena di chi sapeva che il ponte era un malato grave, anzi gravissimo. Per questo i tecnici della procura stanno visionando anche una corposa relazione del 1979, firmata dall’architetto Riccardo Morandi in persona, in cui veniva evidenziato «stupore per il rapido degrado dei materiali».

Acciaio, calcestruzzo, asfalto: metri cubi di reperti che, per essere esaminati, saranno custoditi in un capannone messo a disposizione da Amiu, la municipalizzata per i rifiuti, nei pressi del disastro. «Un hangar come per l’inchiesta su Ustica», è la suggestione del procuratore capo Francesco Cozzi, tornato sul Polcevera insieme al procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e al pg Valeria Fazio. Un blitz per capire quali siano le modalità di stoccaggio del materiale ma che si è trasformato in un momento di riflessione sulla tragedia. «Vedere lo stato dei luoghi – ha detto commosso Cozzi – al di là nostra professionalità e freddezza è impressionante».

Sul piano della demolizione, sempre che sia davvero imminente come auspicato dalle istituzioni cittadine, il magistrato rassicura sul rischio di scontro tra esigenze d’indagine e sicurezza: «Non deve avere il nostro benestare se non rispetto al presupposto dell’incolumità pubblica».