Dobbiamo gettare uno sguardo radicale e disincantato sui limiti della democrazia nei paesi avanzati e sulle conseguenze drammatiche per il prossimo futuro. Non consideriamo qui le limitazioni crescenti alle libertà. Prendiamo atto che il ceto politico e di governo, sempre meno rappresenta il volere dei cittadini. Si pensi al mancato rispetto degli accordi di Parigi per contenere il riscaldamento globale. O si ponga mente alle spese militari. In Italia -non diversamente dal resto del mondo – mentre centinaia di migliaia di cittadini morivano per un virus sono cresciute dell’8,1% rispetto al 2020 e del 15, 7 rispetto al 2019, come documentano decine di rapporti presenti in rete.

Chi ha voluto questi incrementi di spesa? Quale è stato il peso e la voce dei cittadini? E che cosa hanno potuto opporre gli italiani alla vendita di una portaerei al paese i cui servizi hanno torturato e ucciso Giulio Regeni ? Non si tratta solo di segreti di stato. Il fenomeno è più complesso. Il disfacimento dei partiti e la loro debolezza nei confronti delle potenze finanziarie extrastatali, mancando ogni prospettiva di mutamento generale dell’ordine sociale, spinge ogni loro membro a una azione politica di conservazione del proprio ruolo, in competizione con compagni e avversari. Necessariamente deve accettare lo status quo quale limite invalicabile per il proprio personale agire se vuole ottenere successo.

Tutti possono osservare che, nel migliore dei casi, il ceto politico – impegnato a mediare tra poteri sovrastanti e bisogni dei cittadini – persegue vantaggi generali solo entro confini definiti, essendo diventato ormai un segmento della divisione sociale del lavoro del modo di produzione capitalistico. Anch’esso componente interna, insieme al complesso dei media, che ne elabora e amplifica i messaggi, al processo della crescita senza fine. Per tutta l’età contemporanea la cultura e gran parte delle scienze, in primissimo luogo l’economia, la disciplina con più rilevanti ricadute sulla natura, ha ignorato ab imis la natura medesima.

Oggi questa gigantesca ignoranza e insostenibile omissione non è più possibile. Ma al tempo stesso non è più possibile considerare gli atti di chi detiene i poteri di governo esenti da responsabilità globali. Dovrebbe essere evidente che ormai si è creata una lacerante una divaricazione tra gli interessi “moderati” del ceto politico e le conseguenze di portata generale che spesso le loro scelte comportano. Occorre prendere atto di questo passaggio storico. Se non si innalza la portata dell’ antagonismo di massa, i governi ci consegneranno alle future catastrofi ambientali senza nessuna difesa.

Oggi il riscaldamento globale, la desertificazione dei suoli, la riduzione delle foreste, il collasso dei ghiacciai, il saccheggio dei mari, l’innesco di malattie epidemiche sono prodotti dell’azione umana. È vero che sono il risultato di scelte e comportamenti anche collettivi in cui appare difficile distinguere responsabilità individuali. Ma ormai non è più possibile arrestarsi a questa soglia. Un gran numero di governi sono chiamati a rispettare un trattato internazionale come quello sottoscritto a Parigi nel 2015. Tutti i loro singoli componenti sono consapevoli di quali scelte contribuiscono a creare danni al pianeta anche a scala locale.

Pensiamo alla cementificazione di aree verdi – in Italia costituisce un fenomeno inarrestabile e devastante – al sostegno dell’agricoltura chimica e degli allevamenti intensivi, che contribuiscono per il 30% all’effetto serra e tanto altro ancora. Non si tratta più di semplici scelte di politica economica, ma di azioni consapevoli contro la casa comune della Terra, costituiscono atti gravati da responsabilità generali da far ricadere sotto il diritto penale. L’ambiente è ormai la vita umana, la nostra sopravvivenza sulla Terra. Lo ha ricordato Luigi Ferrajoli nel suo recente Perché una costituzione della Terra? (Giappichelli): «Dobbiamo prendere atto dell’inadeguatezza della nozione corrente di atto criminale, ancorata alla responsabilità personale del suo autore, a dar conto di condotte offensive non attribuibili a singole persone, e tuttavia enormemente dannose per popoli interi e talora l’intera umanità, oltre che contrarie al diritto e ai diritti, come le devastazioni ambientali».

Ferrajoli che propone di definirli crimini di sistema, a cui occorre dare una nuova configurazione giuridica, trattandosi «di crimini di Stato, o di crimini contro l’umanità». In Olanda, Germania e Portogallo, ora anche in Italia, gruppi di cittadini fanno causa ai propri governi presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. In Italia la Ong A Sud presso il tribunale civile di Roma. E’ un primo passo, bisogna unificare tali sforzi, far riconoscere alla Corte dellAja i crimini ambientali come specifici crimini contro l’umanità.