L’incontro fra la lista di sinistra (Mpd-Si-Possibile) e Piero Fassino, ambasciatore di Renzi, ci sarà. Si farà domani. Stamattina arriverà la conferma ufficiale. Ma alla proposta di un’alleanza con il Pd i delegati ( due capigruppo di Mdp e S, probabilmente il deputato Francesco Laforgia e la senatrice Loredana De Petris) risponderanno no. O più precisamente opporranno il noto elenco di condizioni impotabili per Renzi. A partire dal voto sulla legge di ripristino e allargamento dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, in discussione oggi alla Camera, sulla quale il Pd a sua volta ha già annunciato il suo no. Comunque la strada è segnata: «Penso che un mio elettore mi verrebbe a sputare in faccia», ha replicato ieri Loredana De Petris all’ennesimo appello unitario di Giuliano Pisapia.
Del resto è chiaro il senso delle due assemblee in parallelo di domenica scorsa, quelle di Mdp e Sinistra italiana: in entrambe è stata ratificata la lettera di intenti di una lista unitaria e autonoma dal Pd. Il prossimo week end sarà la volta di incontri unitari per l’elezione dei delegati dell’assemblea nazionale del 3 dicembre in cui sarà votata finalmente la lista, il simbolo e il nome. Se la sessione di bilancio al senato sarà terminata, sarà anche il giorno dell’esordio di Piero Grasso nelle vesti di candidato «capo della forza politica», come prevede la legge elettorale. A poco o niente sarebbe valso il pressing dem, e la telefonata di Romano Prodi, per convincere il presidente ad un’alleanza con il Pd.

La road map resta questa. L’appello dei civici Anna Falcone e Tomaso Montanari a rimandare l’appuntamento del 3 o a aprirlo «al popolo della sinistra», per ora non ha sortito effetti concreti. Ma Nicola Fratoianni ha impegnato Si «a farsi promotore, prima delle assemblee del 25 e 26, di un incontro formale tra i tre soggetti promotori dell’assemblea del 3 dicembre con gli altri soggetti della sinistra alternativa che attualmente non fanno parte del percorso e con cui avevamo condiviso la sfida del Teatro Brancaccio».

Le porte restano aperte anzi spalancate anche per Laura Boldrini. La presidente della camera, fin qui molto vicina a Pisapia, non si è espressa sulla trattativa in corso fra Campo progressista e Pd. Non lo farà neanche in questa settimana per lei tutta concentrata sull’iniziativa del 25 novembre contro la violenza degli uomini sulle donne (sono invitate a Montecitorio 1300 donne, nel pomeriggio una delegazione sarà ricevuta al Colle da Mattarella). Da Mdp viene dato per certo che alla fine si unirà a Grasso&Co. Da Campo progressista la descrivono in attesa di capire le reali proposte di «discontinuità» da parte del Pd.

Del resto anche Pisapia cerca di ridimensionare la certezza di un accordo con il Pd, ormai dato per fatto da tutti: «Nulla è scontato, certo che intervenire sui superticket per il diritto alla salute, sulla dignità del lavoro e sul precariato, con un maggior impegno sulle diseguaglianze, sarebbero segnali di svolta», dice a Radio 1. Fredda la sua posizione sulla trattativa dei sindacati sulle pensioni («metterò anche il mio impegno affinché si possa trovare una soluzione che tenga uniti i sindacati») in confronto all’adesione totale di Bersani alle posizioni Cgil. Sparita dai radar, per ora, la pregiudiziale anti-Alfano. E sull’idea di un «garante» dell’accordo fra Cp e Pd lanciata dall’ex sindaco si abbatte lo scetticismo del ministro Delrio: «La parola mi piace poco. Non ho bisogno che qualcuno mi garantisca la serietà di Pisapia, che conosco bene», ma soprattutto «nessuno che conosce Renzi può pensare di poterlo mai commissariare».

Da questa parte anche Emma Bonino tira un colpo di freno. «Con il Pd siamo lontani sui temi della giustizia, sul tema migratorio. Non ho preclusioni, ma non ho accordi», spiega. Fassino parla di «convergenza» con i Radicali italiani, ma «c’è da vedere se poi si sostanzia in una lista oppure in una partecipazione a un’altra lista».
Ieri Bonino ha incassato ampia solidarietà per la frase postata da un parroco bolognese, tal don Pieri, a proposito di interruzioni di gravidanza («ha fatto più morti Riina o Bonino?»). «Bingo», è la risposta della storica leader radicale, «con una sola frase è riuscito ad insultare più della metà del paese».